domenica 22 ottobre 2017

Donne, uomini e contesto relazionale, 2

E' dagli anni 80 che si susseguono analisi sull'uso sessista della lingua italiana, che ha al suo interno gli strumenti per correggerlo, se impiegata correttamente secondo la morfologia.
La ricerca di Alma Sabatini che tematizzò la questione in Italia, altrove era già avanzata, è del 1986.
Sono stati fatti convegni e seminari, sono stati aperti corsi universitari, attualmente alla Ca' Foscari siamo al secondo anno, di corso online, si sono scritte pagine sull'importanza della questione nella formazione delle soggettività di  donne e uomini fin dall'infanzia, a partire dalla semplice constatazione che titoli e professioni "nobili" sono al maschile, mentre mestieri e lavori "umili" hanno correttamente la forma femminile, operaio/ia, pastore/a, cameriere/a, parrucchiere/a, contadino/a....
Si è osservato che quando esistono le due forme per uno stesso termine, esse assumono agli occhi dei parlanti valenze diverse: segretaria (impiegata), segretario capo di un partito, di un sindacato.., maestra di scuola, maestro di vita e/o pensiero..
Tutte cose già dette nella ricerca di Sabatini, trent'anni fa.
L'Accademia della Crusca ha confermato l'anomalia del nostro sistema linguistico, autorizzando l'adozione dei termini morfologicamente corretti per il femminile, anomalia dovuta non certo a debolezze del sistema ma a ragioni esterne che guidano la pratica di comunicazione, ad esempio la storica esclusione delle donne dai posti pubblici di responsabilità sociali e politiche, che hanno fatto adottare solo la forma maschile, ma se solo questo fosse il problema più di cinquant'anni di accesso delle donne alle cariche pubbliche e alle professioni prestigiose l'avrebbe risolto.
Si è parlato di "inerzia linguistica e mentale", difficile perdere abitudini di lingua-pensiero interiorizzate  fin dai tempi di acquisizione della lingua materna a 12-24 mesi,  ma anche questa difficoltà è superata, pensiamo a quanti termini abbiamo accettato o provenienti da altre lingue o neologismi, che all'inizio ci "suonavano male, parevano brutti, estranei".
Allora la ragione dell'opposizione all'introduzione delle forme femminili  affonda in processi psichici profondi, ancora oggi si leggono e si sentono espressioni di sarcasmo,  di sufficienza, addirittura si ricorre al "benaltrismo", sempre utile per liquidare questioni fondamentali: con tutti i problemi che le donne hanno oggi "chi combatte per la loro liberazione, chi si limita a volere l'asterisco per segnalare la presenza di donne e uomini!!!", così su una pagina di facebook.
Essendo la lingua, allo stato attuale della nostra condizione di Sapiens, la forma principale dell'ordine simbolico nel quale siamo immerse/i, ed essendo anche uno dei principali strumenti di trasmissione dello stesso, una lingua androcentrica nella quale la forma base è il maschile, la parola "uomo" che rappresenta donne e uomini, la declinazione al femminile "donna" viene percepita come "variante" della forma base, così come Eva tratta dalla costola di Adamo
Questo è quello che si è chiamato il maschile come "universale", che in realtà rappresenta una parte sola dell'insieme, e non tutto l'insieme.
La gerarchizzazione di maschile e femminile così realizzata viene poi imposta come schema di rappresentazione e di autorappresentazione di sé e del mondo a donne e uomini,  quali processi  psichici metta in moto  nelle donne e negli uomini è cosa nota,


Donne, uomini e contesto relazionale, 1


Abbiamo chiesto ripetutamente e da tempo, sia singole donne che Associazioni, che gli uomini prendessero la parola sula violenza degli uomini sulle donne a partire da sé, come autori dei vari livelli di abusi, dalla molestia al femminicidio. 
In genere stanno zitti, salvo esprimere individualmente generica solidarietà alle donne violate.
Ora, che non possono più  fare a meno di tacere a causa del clamore mediatico suscitato dal fatto  che  c'è  di mezzo lo star system internazionale, ora che i fatti non possono essere ignorati o sminuiti dalla stampa,  alcuni, non solo i e le giornaliste compiacenti con i potenti, ma esponenti dello stesso ambiente, si schierano con fermezza contro le donne, che hanno subito, ma soprattutto denunciato.
Le argomentazioni sono varie, ma tendono tutte a dare la colpa alle donne, che ricorrono alla seduzione per ottenere vantaggi, quando poi non si arriva a distinguere tra le "povere" operaie, impiegate, migranti che sono ricattate sul posto di lavoro e meritano "comprensione", e invece le ambiziose star e starlette, che usano il sesso per fare carriera.
Per ora non si conoscono denunce pubbliche di donne che hanno subito abusi e molestie in contesti più alti che non l'ambiente dello spettacolo, istituzioni politiche e sociali, grandi compagnie industriali e finanziarie, accademia e quant'altro.
E' vero che alcuni uomini si "scusano",  per aver saputo, e aver taciuto, che sensibili!
Altri, meno ipocritamente, confermano la legittimità del contesto prostitutivo vigente, che ha le sue regole di comportamento, più o meno aggiornate all' evolversi dei costumi e alle modificazioni dello stigma sociale: fino a cinquant'anni fa sarebbero state considerate tutte puttane, ora si misura il grado di puttanaggine sul grado di fama, successo, potere ottenuti, l'uno è inversamente proporzionale agli altri tre.
Il contesto prostitutivo è quello indotto dallo scambio "sessuo-economico" tra uomini e donne: l'area di pertinenza delle donne "per natura" è la sfera del corpo, del sesso, della riproduzione in tutti i suoi aspetti (biologici, emotivi, sociali, ...), i rapporti tra donne e uomini sono modulati da millenni rispetto a questa realtà, improntata alla divisione sessuale del lavoro, che determina regole di comportamento, aspettative, valori, paure, desideri, metafore e costruzioni simboliche, immaginari che  tutti e tutte le conoscono, perché vengono educati/e a questi dalla nascita.
Lo scambio sessuo-economico è alla base della struttura di relazioni tra donne e uomini che abbiamo chiamato patriarcato, sul quale si è costruita la nostra civiltà di Sapiens,; è quello che ha decretato fin da subito la distinzione tra donne perbene e donne permale, entrambe queste figure sono la faccia di una stessa medaglia.
Nella seconda metà del Novecento il patriarcato è stato smascherato, è venuto allo scoperto grazie alla riflessione decennale di donne in tutti i campi del sapere e del sociale  che non è una struttura naturale e quindi immutabile , ma una costruzione storico sociale culturale che ha gerarchizzato maschile e femminile,  instaurando un ordine simbolico che costringe le donne e gli uomini a adeguarsi a modelli di genere derivati.
Non sempre e non tutti e tutte vi si sono adeguati/e, la storia è piena di esempi in tal senso, ma chi non si adegua deve sempre pagare un prezzo di esclusione, emarginazione, stigma sociale.
Se oggi, dopo decenni di sottovalutazione, irrisione e sarcasmi verso chi continua a portare avanti le analisi sul patriarcato, anche gli uomini sono costretti a prendere la parola in merito alla relazione donne uomini (abbandonando la maschera dei "difensori" dei deboli, le donne vittime appunto) per ribadire che questa realtà è inoppugnabile, vuol dire che abbiamo imbroccato la strada giusta!
L'apertura del conflitto a tutto campo.
La strada sembra quella della denuncia pubblica, ma non solo quella della violenza degli uomini sulle donne manifesta, in tutti i suoi gradi e livelli, ma  la messa a tema di tutti i nodi del vivere nei quali si possono leggere i termini dello scambio, sia nella vita collettiva di donne e uomini, sia in quelle individuali.
Un lavoro di analisi enorme, anche perché investe aspetti insospettati e insospettabili di azione e accettazione/complicità più o meno consapevoli da parte di tutte e tutti in grado di destabilizzare soggettività e identità, individuali e collettive, sia di donne che di uomini,.
Ma più siamo a intraprendere questo percorso, senza illusioni di rapide soluzioni,  e più ci diamo forza per abbattere il sistema patriarcale.
Così, tutti i temi più affrontati su periodici e social network relativi a prostituzione (regolamentazione/abolizione), GpA, stupri e molestie sessuali, fino al culmine di violenza, il femminicidio, pur nella grande differenza di livelli di violenza e orrore, sono  riconducibili al  contesto relazionale, questo vuol dire che non ci si può limitare all'analisi di questi fenomeni isolandoli, cercando vittime e carnefici, astraendo dal contesto prostitutivo nel quale siamo immerse e immersi, ma allargare il discorso a tutti i fenomeni interessati.
A tutto campo, appunto, per inventare strategie e tattiche di opposizione.
Non  sarà una passeggiata rovesciarlo ma oggi, dopo decenni di riflessione delle donne, si possono intravedere gli strumenti adatti, a patto che non ci si presti al gioco di disperderci in divisioni e lotte intestine tra noi donne, lotte intese a farci perdere di vista il vero  obiettivo del conflitto,  quello aperto contro chi,  uomini e donne vogliono mantenere l'ordine patriarcale, per paura, per potere, per ignoranza e inconsapevolezza.