Scorze di Adriana Perrotta Rabissi, un libro composto da miei brevi racconti e mie letture critiche di scrittrici amate. Alcuni romanzi mi hanno interpellato emotivamente e affettivamente, mi sono impossessata di temi, sentimenti, emozioni espressi dalle autrici, le ho filtrate attraverso la mia esperienza di vita e pensiero, e le ho restituite ai racconti
venerdì 31 ottobre 2025
Una riflessione di Woolf quanto mai attuale
sabato 29 marzo 2025
Di chiacchiere e di altro, 2
La radicalità del femminismo degli anni Settanta è stata colta subito da uomini attenti al sociale e ai mutamenti che maturavano, studiosi che non si facevano distrarre dagli aspetti più superficiali e pittoreschi del movimento, riportati dai giornali con intenzioni svalorizzanti.
Scrive Marcuse nel 1974 (Marxismo e femminismo):
“Le potenzialità, gli obiettivi del movimento di liberazione delle donne si spingono... in regioni impossibili da raggiungere nel quadro del capitalismo, e di una società di classe. La loro realizzazione richiederebbe un secondo livello, nel quale il movimento trascenderebbe il quadro nel quale si trova ora ad operare. In questo stadio, ‘al di là dell’uguaglianza’, la liberazione implica la costruzione di una società governata da un differente principio di realtà, una società nella quale la dicotomia costituita tra il maschile e il femminile è superata nei rapporti sociali e individuali tra esseri umani”
Pietro Ingrao 1978, conversando con Rossanda in una trasmissione di Radio tre:
".. affrontare le questioni dell’emancipazione femminile comporta affrontare punti di fondo dell’organizzazione della società in generale. Ti faccio un esempio: se vuoi affrontare davvero il rapporto donna/uomo, devi investire caratteri e dimensioni dello sviluppo, occupazione, qualità e organizzazione del lavoro, fino allo stesso senso del lavoro. Contemporaneamente – ecco dove la dimensione diventa diversa – vai a incidere sulle forme di riproduzione della società, sul modo di concepire la sessualità, i rapporti di coppia, i rapporti tra padri e figli, l’educazione, il rapporto tra passato e presente, forme e natura dell’assistenza, eccetera. Cioè una concezione storica, secolare del privato, tutta una concezione delle stato, tutto il rapporto tra stato e privato (…)"\
lunedì 24 marzo 2025
Di chiacchiere e di altro
Chiacchiera, definizione del Dizionario:
"Conversazione protratta più o meno a lungo, per passatempo o come sfogo a considerazioni e pensieri frivoli o banali oppure malevoli."
lunedì 24 febbraio 2025
Piccolo dizionario dell'inuguaglianza femminile
In una lettera del 1976 all'amica Michèlle Causse Alice Ceresa scrive a proposito di un libro che sta elaborando da qualche anno, dopo la pubblicazione di La figlia prodiga:
"Ho scoperto che non posso scrivere un libro tutto di seguito... Credo che le donne non dovrebbero mai scrivere libri tutti di seguito, vale a dire per es. romanzi, perché ho il forte sospetto che non corrisponda loro questa forma presuntuosa di 'creazione' organizzata banalmente come la banale vita che ci hanno fatta. Forse le donne dovrebbero fare filtri, come le streghe. Io, per ora, distillo." (p. 7)
ll lavoro al quale si sta dedicando durerà tutto il resto della vita, non sarà mai completato a causa delle continue varianti, limature.
Sarà pubblicato postumo nel 2007, sulla base degli inediti ritrovati nell'Archivio in Svizzera, sei anni dopo la morte, con il titolo Piccolo dizionario dell'inuguaglianza femminile, Roma, nottetempo, 2007.
Si tratta di una quarantina di voci, scritte nel suo stile ironico e provocatorio, che affrontano criticamente i temi delle vita, i linguaggi dei saperi disciplinari, le relazioni donne uomini, i sentimenti, i luoghi comuni sotto forma di brevi narrazioni.
Sempre in una lettera a Michèlle Ceresa espone il nucleo ispiratore del suo pensiero:
"Adesso ti spiego come la vedo io: per me l'"inuguaglianza femminile non è fatta dei temi delle rivendicazioni, ma è ancorata nell'intera visione del mondo; ergo, se io faccio un dizionario (che comprende le parole dello scibile), devo fare il giro anzitutto delle radici di quest'albero dell' inuguaglianza. Anzi, ti dirò che la mancanza di questo giro d'orizzonte è la maggiore debolezza delle femministe anche se capisco che chi si batte (fortunatamente per noi tutte) nelle strade non può avere di queste preoccupazioni. Io però le posso avere, anzi, direi che debbo... Perché dovremmo parlare soltanto delle foglioline di questa pianta? Con il rischio che poi ci ritroveremo con un 'ibrido' fatto su nostra misura (ovvero sulla misura delle nostre richieste) in uno di quei loro laboratori misogini? [...] Non vorrei che la somma tutto sommato finita delle 'rivendicazioni femminili' finisca con un'altra fregatura che sarebbe molto peggiore della prima.
Conclusione: il piccolo dizionario io non lo scrivo per le donne; lo scrivo perché va scritto. E siccome io scrivo difficile, ebbene, sarà difficile; non mi risulta che le cose (e neanche quelle da capire) siano facili."(pp. 13-14)
Quasi cinquant'anni fa Ceresa congiunge la sua sensibilità di artista con la sua dimensione di donna del Novecento.
È una grande scrittrice, di nicchia, stimata e ammirata da critici e critiche, in misura minore da lettrici e lettori comuni, convinta della funzione indispensabile dell'arte, in grado, per chi la pratica e per chi la gode di svelare la "vera voce della vita", altrimenti muta.
Basti una scheda per entrare nel mondo del Piccolo dizionario:
"Letterario (personaggio femminile il): curiosamente le opere letterarie, benché da lontanissimi tempi preponderantemente stese da penne o macchine da scrivere maschili, abbondano di personaggi letterari femminili che parlano, pensano e agiscono pertanto per bocche e menti maschili.
Pertanto il personaggio letterario femminile, ivi comprese le sue ambasce e i suoi aneddoti, va considerato alla stregua di un travestito nei casi migliori e corrisponde a semplice farneticazione in quelli peggiori, quando esca, magari per giunta in prima persona, dalla penna o macchina da scrivere maschile. Come tale costituisce un'importante chiave di lettura della considerazione maschile in fatto di donne, e ne raffigura fedelmente opinioni, desideri e incomprensione.
venerdì 7 febbraio 2025
Dominio maschile, struttura produttiva, femminismo
Una delle acquisizioni più importanti del femminismo degli anni Settanta è che considerare le donne soggetti al pari degli uomini in ogni ambito di vita e di pensiero, smettendo di rappresentarle interne alla categoria di umanità declinata al maschile inteso come neutro universale, ha costretto a confrontarsi con le parzialità che costituiscono l'umanità, a partire dalla prima distinzione tra donne e uomini. Questo ha implicato una rivoluzione di sguardi, di punti di vista, di convinzioni create da tempi immemorabili, di certezze consolidate, di sicurezze assimilate oltre che nella vita quotidiana, nella vita pubblica e sociale, nei campi e settori di studi e ricerche, nei conflitti e nelle lotte.
Il mondo della produzione, così come si è venuto configurando negli ultimi tre secoli, è stato egemonizzato da un sistema di produzione, il capitalismo, che ha puntato esclusivamente all'incremento dei profitti dei maggiori detentori dei mezzi di produzione, e ha estratto ricchezza oltre che dalla forza-lavoro impiegata, anche dalle attività del lavoro di riproduzione erogate dalle donne in tutto il mondo, con carichi di lavoro diversi a seconda delle situazioni economiche e sociali.
Negli ultimi decenni si sono prodotti molti cambiamenti nella struttura economica, la femminilizzazione del lavoro ha preteso che le attitudini "naturali" e le capacità tradizionalmente maturate dalle donne nell'ambito della cura fossero apprese anche dagli uomini ed esercitate nel campo della produzione, fino a arrivare alla richiesta di lavoro gratuito in certi casi, così come è gratuito il lavoro domestico.
mercoledì 4 dicembre 2024
Guerra tra i sessi, espressione abusata per contrastare la "marea di donne" incalzante
I tentativi di delegittimare nel senso comune la valenza politica delle lotte nazionali e globali delle donne con l'argomento che il patriarcato non esiste più franano davanti a prove e argomentazioni anche semplici.
Scendono in campo filosofi, l'eccellenza del pensiero, per convincerci che il femminismo, definito come un tutt'uno omogeneo negli intenti e nei metodi, è il migliore alleato del neo-liberismo e che ha lo scopo di mascherare le vere diseguaglianze, di classe, economiche...
Per sostenere questa tesi si ricorre a manipolazioni di parole e concetti base, ed ecco il ricorso all'espressione "guerra tra i sessi".
Non si finirà mai di contrastare questo concetto volto a spaventare e quindi neutralizzare presso l'opinione pubblica le acquisizioni pratiche e teoriche del neo-femminismo degli anni Settanta del secolo scorso.
La guerra tende all'annichilimento, l'asservimento, la distruzione fisica e psichica, la mortificazione del nemico per ridurlo in potere del vincitore, limitandone autonomia e libertà.
C'è qualcosa di analogo a come le donne vivono nella situazione di dominio maschile?
L'idea che il dominio maschile sulle donne finisca con il far trascurare le altre forme di dominio in atto è falsa, dal momento che proprio dall'analisi dell'asservimento delle donne ha preso campo l'analisi di molti altri settori nel quale si esercita il dominio.
Forse c'è la paura, più o meno consapevole in molti, del rovesciamento dei ruoli sull'esempio di quello che hanno fatto gli uomini alle donne, e quindi di trovarsi a loro volta in quella situazione.
Le donne che accettano di restare nei perimetri assegnati dal dominio maschile, perimetri sempre più ampi, aggiornati alle esigenze sociali, modernizzati almeno da noi, godono di tutele, privilegi esaltazioni retoriche, diventando le migliori alleate dei maschi e dell'ordine socio-culturale vigente.
Invece Il conflitto può anche essere aspro, disturbante la quiete e l'ordine sociale dato, lungo e apparentemente insanabile, ma tende a una mediazione, che si spera la più equa possibile, non alla distruzione dell'avversario.
I documenti femministi degli anni Settanta non parlavano di guerra, bensì di di conflitto tra i sessi, il termine guerra semmai lo si leggeva in testi giornalistici, che condannavano donne del movimento come portatrici di disordine sociale,e etico, donne isteriche, odiatrici degli uomini...
Alla voce "conflitto" nel Thesaurus costruito sulla lingua naturale di documenti del Movimento delle donne degli anni Settanta e Ottanta si legge:"conflitto tra i sessi U (Usa) contraddizione tra i sessi", mentre alla voce guerra troviamo: "guerra Va (Vedi anche lotta armata, pace)".
Linguaggiodonna. Primo thesaurus di genere in lingua italiana, Adriana Perrotta Rabissi e Maria Beatrice Perucci, ed. Centro di Studi storici sul movimento di liberazione della donna in Italia, Milano, 1991, ora consultabile in rete al sito
https://www.fondazionebadaracco.it/wp-content/uploads/2021/05/Linguaggiodonna.pdf
martedì 3 dicembre 2024
Diritti, una parola abusata per depotenziarne la politicità
Diritti, una parola abusata per depotenziarne la politicità
Che i Governi propinino una serie di frottole per rabbonire le cittadinanze estenuate, disilluse, frustrate.è cosa comune.
Che le frottole siano facilmente smentibili, ma richiedano almeno curiosità e ricerca, invece di lamentele e recriminazioni, è altrettanto comune.
Ma che si strumentalizzino concetti fondamentali della coesistenza fra le persone -i diritti- puntando sull'ignoranza e sull'indolenza di molte e molti è criminale.
È senso comune che affermare diritti, anche per legge, non comporta che le persone alle quali questi diritti sono rivolti possano accedervi per un infinità di ragioni, a partire dalle condizioni materiali di vita.
Se finora si è parlato di diritto di emigrare da parte di chi rischia la vita, la sicurezza fisica, economica, sociale, religiosa...in paesi e situazioni estreme, da qualche tempo il nostro governo stravolge l'espressione, per sostenere la propria irresponsabile e crudele politica nei confronti di migranti, a Diritto a non emigrare!
Non val neppure la pena analizzare l'infelice espressione dal punto di vista logico, filosofico, storico, antropologico, sociale...
Denuncia l'arroganza di chi ritiene tutti cittadini e tutte le cittadine pari al proprio livello intellettivo-conoscitivo.
Denuncia l'impotenza di mettere mano in modo minimamente civile e responsabile a un emergenza di dolore e sofferenza per migliaia di persone.
Un'ultima questione è la separazione che è attuata nel discorso pubblico tra diritti civili e diritti sociali, di questi ultimi non si parla, si enfatizzano i primi, con la massima attenzione a porre i limiti opportuni.