Sono al culmine delle mie lunghe "vacanze" di quest'anno, da maggio si sono alternati: montagna, Lisbona-Porto, Berlino, e adesso mare.
Mare che significa prima di tutto mia nipote, mio figlio, mia nuora, che non vedo di persona da un anno.
E' impressionante come cambiano i bambini piccoli in un anno, da lattante, cicciottina e bambolotta, tutta strilli e sorrisi a bambina dai grandi occhi pensosi, decisa nelle scelte -mangiare, uscire, giocare- dal corpicino armonioso e sempre in movimento, alle prime parole, brevi e perentorie (fonte Skype).
Già la lallazione rende difficile comprendere che cosa vuole dire un bambino quando parla la stessa lingua, ma la lallazione in inglese è incomprensibile per chi non conosce l'inglese, inglese americano poi, che nei film in lingua originale mi riesce ancora più ostico dell'inglese europeo.
Non è semplice interagire con una duenne che non ti conosce se non attraverso uno schermo, figuriamoci se poi tu non capisci le sue domande e lei non intende le tue risposte.
Basterà un mese per stabilire un equilibrio?
O mi devo rassegneare a essere per lei uno dei tanti personaggi bidimensionali che vede in tv?
Eppure se non fosse stata inventata Skype, e analoghi programmi, non avrei avuto neppure questa consolazione
Aiuto!
In compenso il mio nipotino milanese, che ha sei mesi più di lei, dopo un lungo tirocinio con l'italiano ha preso a parlare speditamente, anche se con una fonetica del tutto personale, con frasi complete di soggetto, verbo, complementi diretti e indiretti.
Gli dà molta soddisfazione la cosa, infatti nell'inverno scorso si notava come la sua difficoltà nell'esprimersi in frasi complesse lo infastidisse, con gli occhi esprimeva la sua determinazione ma la traduzione del suo pensiero in parole sembrava quasi uno sforzo fisico, come se la lingua si rifiutasse di eseguire i suoi ordini.
Mi pare che pur essendo molto socievole, allegro e giocherellone, dia molto ascolto alla propria interiorità, per esempio è stato sorpreso in una foto di qualche tempo fa a osservare attentamente un albero, con mani dietro la schiena e viso meditabondo.
Ma si sa che attribuiamo a questi alieni che sono i nostri bimbi sensazioni e atteggiamenti nostri di adulti!
Dei bambini non si sa niente, è il titolo di un romanzo di qualche anno fa, titolo quanto mai indovinato.
E poi c'è il mare, che mi fa stare bene, d'estate, d'inverno, in autunno e primavera, al caldo e al freddo.
Tutta la mia mitologia personale è legata al mare, anche se sono nata e vissuta a Milano, un pezzetto solo, quello tra Quinto e Nervi, dove abitava mia nonna.
Sembra che l'unica cura per le mie gambe storte di bambina di un anno sia stata l'esposizione al sole e all'acqua salata per mesi, così che mi vennero "gambe dritte come fusi".
Il mio rachitismo venne curato nello stesso modo (ma io ricordo anche il fiasco di olio di fegato di merluzzo!).
Ho sentito ripetermi fino alla nausea da mia madre che, "essendo un soggetto linfatico" (non ho mai avuto la curiosità di indagare che significato abbia questa espressione pseudo-medica) avevo bisogno di mare, con il solito monito di ricordarmene da grande.
Eppure anche in montagna sto molto bene.
Non so proprio quanto questa mia passione per il mare si nutra di un omaggio affettivo alla memoria di mia madre, con la quale il dialogo si è interrotto troppo presto, avevo vent'anni quando è morta.
Purtroppo questo mi ha impedito di fare i conti con altre interiorizzazioni della sua figura, ben più importanti per il mio equilibrio psichico, che sono rimaste congelate dentro di me, procurandomi sofferenze personali e relazionali.
La mia ottusità, dovuta forse a un frainteso gesto d'affetto e di lealtà nei confronti del suo ricordo, dal momento che non potevo scontrarmi direttamente con lei, mi ha impedito di usufruire degli strumenti conoscitivi con i quali sono venuta in contatto negli anni Settanta, vale a dire l'autocoscienza che ho praticato per anni in un collettivo femminista, strumenti che, se applicati alla mia realtà interiore, avrebbero reso più felice la vita mia e quella del mio compagno di vita, dei miei figli e amici/che..
Mi sono ritratta spaventata, allora, rispetto a un sogno che feci nel quale ero inseguita nel corridoio di una casa da mia madre, armata di un lungo coltello, che voleva appunto accoltellarmi alla schiena.
Non ho capito allora che cosa significasse, e a dire la verità non me lo sono mai più chiesto.
Il "cerchio" si è chiuso con un altro sogno, di un paio di anni fa, nel quale ero io che avevo messo mia madre con le spalle al muro tenendola ferma con violenza, sempre nel corridoio di una casa, frugandole dentro alla ricerca di non so che cosa.
Il mare è un materno pacificante e tranquillizzante per me, anche se ne ho un grande rispetto e timore, che mi spinge a non tentare bagni quando è agitato, a non spingermi a nuotare troppo distante dalla riva in situazioni che non conosco.
Domani comincia la mia avventura marina di quest'anno.