mercoledì 27 marzo 2013

Elogio dell'incoerenza


Un effetto del mito identitario si può rintracciare in molti comportamenti, apparentemente degni di considerazione e stima.
Le persone soggiogate da questo mito possono essere definite i nudi e puri, che  perseguono l'obiettivo della coerenza con le proprie idee fino in fondo e a qualsiasi prezzo, fino al sacrificio di se stessi, e di altri.
Andranno sempre fieri di questo, che diventerà titolo di merito agli occhi propri e altrui. 
Vittime delle tacite crudeltà di un'identità coerente, per parafrasare la Butler.
Peccato che al mondo tutto nasce da miscugli (la vita stessa), incroci, incoerenze, in una parola impurità. 
Questo brulicame, questo brodo di coltura, sia in senso metaforico che letterale, si evolve, nel bene e nel male, dio ci guardi dalla purezza, che pietrifica e immobilizza, per paura di sporcarsi.
In fondo, per assurdo, l'azione che meglio corrisponderebbe al loro desiderio sarebbe la clonazione, che assicurerebbe  loro il massimo della purezza: da una mia cellula sviluppo un altro individuo identico a me, che sente come me, pensa come me....non mi tradirà... 
Ma gli individui clonati finora, nel mondo animale, non sopravvivono a lungo, sono deboli strutturalmente senza apporti esterni, c'è bisogno di meticciato, individualmente e socialmente.
Effetto dell'aspirazione alla purezza di pensieri e azioni è sovente il sentimento di superiorità morale nei confronti degli altri, che non si uniformano a questo dettato, la presa di distanza e una forma esibita o celata di disprezzo verso chi è considerato troppo debole, privo di rigore morale, spaventato dai sacrifici che una dimensione del genre necessariamente impone in una dimensione collettiva costituita da interessi contrapposti, conflittualità, egoismi  e generosità da contenere, visioni differenti e distanti tra loro del mondo e delel relazioni con persone, animali e cose.
Di qui lo slittamento progressivo verso chiusure in piccoli (o grandi) gruppi omogenei, totalmente coesi, che avvertono l'esterno come minaccioso, in una parola nemico, da cui guardarsi, e se è possibile, eliminare.
La guerra, che punta all'annientamento dell'avversario, invece del sano conflitto, che non vuole distruggere, ma accordarsi.
E' per questo che l'accusa di incoerenza è una delle più frequenti nei confronti delle donne, mentre la coerenza è la qualità degli uomini duri e tutti di un pezzo.

venerdì 22 marzo 2013

Tra estraneità e coinvolgimento


Per mantenermi in equilibrio di umore nell'occuparmi delle vicende politiche degli ultimi mesi (vista la crescente vulnerabilità direttamente proporzionale alla fragilità psicofisica indotta dall'invecchiamento) oscillo tra estraneità e coinvolgimento.
Due posizioni che mi sono entrambe familiari.
All''estraneità alla politica sono stata educata sia perché donna in una società patriarcale, sia perché vivevo in una famiglia preda della tipica frustrazione dei "vinti/e della Storia".
Il ritornello consueto era che la politica fosse una "cosa sporca", che chiunque approdasse a luoghi di potere si sarebbe comportato nello stesso modo, così che "i più deboli" ci sarebbero andati sempre di mezzo, ineluttabilmente.
Mantenni questa dimensione fino alla fine del liceo, impreziosendola anche con lo stoicismo dei classici latini, almeno come lo intendevo io allora.
Negli anni Sessanta, lo studio della Storia all'Università, che mi appassionò da subito (al liceo avevo privilegiato la filosofia, provenendo allora gli insegnanti di storia dagli studi filosofici, per classe di concorso) e il contemporaneo sommovimento culturale e politico che si verificò anche nelle Università  italiane determinarono l'interessamento alle vicende sociali, culturali  e politiche, nazionali e internazionali, che non mi ha più lasciato.
Anche al tempo del femminismo degli anni Settanta pur conoscendo e condividendo le lucide analisi di Virginia Woolf sull'estraneità delle donne ai riti della politica maschile non ho mai abbandonato l'amore per le vicende politiche del mio tempo, e non ho mai dichiarato la mia estraneità alla formulazione di regole di convivenza, come parte del  femminismo propose allora.
Eppure in questi giorni mi sono sorpresa a pensare facciano tutt* quello che vogliono, non mi interessa più.
Ad una riflessione meno indotta dall'emozione mi sono accorta che su tutto prevale il desiderio -e la delusione successiva- di arrivare a una dialettica politica senza gli effetti distorcenti, oltre che immobilizzanti, dovuti alla presenza del signor Berlusconi. 
Non  abbiamo tutt* né gli stessi interessi materiali né gli stessi ideali, occorrono mediazioni per convivere, occorre quindi che le/gli rappresentanti rappresentino appunto la molteplicità di interessi e ideali, rispettando anche il volere delle minoranze, per questo il concetto di "popolo", come un tutto coeso è un'astrazione.
Il confronto politico nell'attuale sistema democratico -molto imperfetto ai miei occhi, ma per ora non ne vedo realizzati di migliori- è normalmente problematico, e presuppone un interesse generale in qualche misura superiore agli interessi immediatamente individuali, per questo ci si deve affidare con fiducia alle persone delegate al confronto.
Del resto anche nel piccolo gruppo di un'assemblea di classe, di condominio, di quartiere, luoghi  dove si può sperimentare una qualche forma di democrazia diretta, si incontrano grandi difficoltà a trovare una strada comune. 
Da noi la situazione è da anni inquinata e distorta a causa di privilegi acquisiti e mantenuti anche ricorrendo a strumenti ai limiti della legalità democratica (leggi ad personam e quant'altro) e comunque strumenti politicamente inopportuni, secondo le regole della nostra democrazia.
L'effetto distorcente, fino a deviare il conflitto verso una guerra  pro o contro una singola persona è sotto gli occhi di tutt*.
Si biasima da più parti l'antiberlusconismo -al quale alcuni nostri politici devono la loro recente fortuna elettorale, ora sfumata - e si osserva giustamente che ha prodotto effetti distorti, ma per 
liberarsi di questo schema di comportamento, che impedisce ogni confronto libero, credo opportuno rimuovere l'ostacolo, deciso a presidiare il confronto politico a tutti i costi e con tutti i mezzi a disposizione.
Finché perdurerà la situazione attuale, che ingessa ogni possibilità di reale cambiamento dello stato delle cose, temo continuerò la mia oscillazione tra estraneità e coinvolgimento.

lunedì 18 marzo 2013

Il vero pericolo: il mito dell'identità

Alla fine degli anni Sessanta, quando si formarono  in Italia i primi gruppi del neo-femminismo, i temi relativi alle identità (in prima istanza femminile) furono indagati, scomposti nei loro tratti essenziali, confrontati, disordinati, parallelamente a quanto le ricerche filosofiche e psicoanalitiche facevano nei propri ambiti disciplinari. 
L'obiettivo delle ricerche teoriche e delle pratiche politiche di molte donne era quello di destrutturare l'identità femminile tradizionale, analizzando i modelli sociali e culturali nei quali era stata tradizionalmente inscritta e criticandone la naturalizzazione. 
Negli anni Ottanta si verificò un cambiamento semantico, si preferì parlare di soggettività, la parola soggettività pone l'accento sul soggetto dei processi di individuazione, e quindi sulla differenze tra i vari soggetti, mentre il termine identità richiama in primo luogo il concetto di appartenenza -a un genere, una classe, un sesso, una collettività, una etnia, una lingua, un gruppo politico, una squadra, un esercito, una religione .....- insomma a un gruppo sociale omogeneo per certi tratti, individuati e promossi a elementi  determinanti l'inclusione o l'esclusione di altri/e che non condividono quei tratti.
Di qui la logica della contrapposizione noi/voi (loro), con le distorsioni in amico/nemico, buono/cattivo, e tutte le contrapposizioni escludenti che abbiamo sentito nella nostra vita.
Ora se è innegabile che  ci sono tratti comuni e differenze tra persone, è anche vero che ciascun* di noi appartiene durante la propria esistenza a un numero indefinibile di gruppi omogenei, e si comporta conseguentemente secondo la propria sensibilità e coscienza nelle scelte da compiere quando viene chiamata in causa una specifica appartenenza identitaria.
Eppure nello scorcio del secolo scorso e in questo primo decennio del nuovo abbiamo assistito a un riemergere spesso violento di logiche identitarie, a causa dei rivolgimenti sociali -migrazioni da paesi impoveriti a paesi arricchiti-, degenerazione  delle pratiche democratiche nei vari Stati, processi di impoverimento collettivo e arricchimento di pochi.
Quando ci si sente fragili, esposti a aggressioni di varia natura sempre in agguato, l'identità collettiva fa sentire meno sol*, assicura una solidarietà tra i e le componenti il gruppo di riferimento e fa sperare in una difesa collettiva. 
La contrapposizione tra identità collettive differenti tra loro costituisce inoltre un'arma di distrazione di massa dai veri conflitti che potrebbero sorgere in una collettività contro i reali detentori di privilegi e poteri, è così che si può leggere il grande spazio dato dai mezzi di informazione e di intrattenimento, in primo luogo la televisione, a spettacoli che contano su questi meccanismi identitari per scatenare conflitti nei confronti di falsi obiettivi.
Il risultato è sotto gli occhi di tutt*, e la modalità di comportamento ha pervaso anche i luoghi della partecipazione politica, come se questi meccanismi identitari costituissero l'unico mezzo di relazione  e confronto tra persone e gruppi.
Non frequento molto i talk show politici, perché mi annoio, però negli ultimi tempi ho frequentato molto più del solito i social network.
Accanto a numerosi vantaggi registrati, possibilità di informazione, scambio e confronto con molt*, conoscenza di fatti, eventi e   notizie non rintracciabili sugli altri mezzi di informazione, possibilità di mantenere dialoghi quasi in tempo reale con molte persone, ho notato il riproporsi, spesso inconsapevole, dei meccanismi identitari, dei quali ho scritto prima.
 Quello che più mi colpisce è che l'incontro con le fragilità e le vulnerabiltà (delle quali soffriamo tutt* a vari livelli e gradi per la precarietà di condizioni economiche, di età, di condizione sociale, di isolamento più o meno scelto) invece di costituire un momento di attenzione e compassione (nel senso etimologico del "patire insieme") a volte scatenano reazioni di scomposta aggressività, così come, a un altro livello,  scatenano guerre tra popoli.
Anche individualmente abbiamo introiettato comportamenti che agiamo anche senza che nessuno ce li imponga.
Ci comportiamo come i poveri polli di Renzo e così facendo, senza magari accorgercene, aggiungiamo un filo di infelicità alla vita nostra e degli/delle altr*.
Eppure molte di noi ricordano le analisi e le critiche formulate nei confronti delle identità attribuite, e con fatica siamo riuscite a metterle a tema e a governarle.
Molt* forse hanno dimenticato, altr* invece non hanno mai conosciuto per ragioni anagrafiche, altr* ancora trovano guadagni nel comportarsi così.


martedì 12 marzo 2013

Latitanze e patriarcato

La congiuntura politica italiana è veramente insolita in questi giorni, le congiunture si scioglieranno tra poco, ma nel frattempo noi, abituate/i a collegare cambiamenti radicali a eventi drammatici e di grande risonanza, rimaniamo disorientate/i davanti spostamenti progressivi, apparentemente piccoli, ma non meno incisivi.
Eppure qualcosa sta cambiando nel profondo proprio per il concorrere di circostanze.
Manca il papa.
Di solito i giorni che intercorrono tra la fine di un pontificato e l'elezione del nuovo papa sono invasi dai pianti, dal sentimento collettivo di lutto alimentato da tutti i canali televisivi nazionali e internazionali (anche se meno teatralmente che da noi), dai commossi ricordi del defunto, dai rimpianti, da discreti accenni  a miracoli compiuti in vista della futura beatificazione, sono tutti eventi che riempiono articoli di periodici, compattano una popolazione che non ha poi tanti altri elementi di identificazione, divisa com'è in consorterie cementate da piccoli e grandi egoismi. 
Niente di tutto questo perché il vecchio papa è vivo e vegeto, gode apparentemente di una salute discreta per la sua età, è perfettamente lucido, e sta come appollaiato su un albero a vedere (non so se anche a giudicare) quello che verrà in seguito. Non mi è chiaro se nel campo dottrinale lo spirito santo comunica ancora con lui, ma lascio questo dilemma ai teologi  e alle teologhe.
In mancanza dei riti di cordoglio resta sotto i riflettori quello che sarebbe rimasto nascosto: il momento di crisi attraversata dal Vaticano nella sua struttura di Stato sovranazionale, una crisi di carattere politico, sociale, economica (gestione IOR), dottrinale (questioni relative alla sessualità dei preti, e dei/delle fedeli, del ruolo delle donne nell'istituzione, dei rapporti tra stili di vita degli alti prelati e del condizioni materiali popolo che dovrebbero guidare....), crisi denunciata dal gesto di grande rottura delle dimissioni. 
Per quanto si tenda a nascondere, qualcosa trapela, non so se questo trambusto sarà sopito come un fuoco di paglia e tutto tornerà nelle mani dei soliti curiali. 
Manca il presidente del Consiglio da incaricare, e di conseguenza il governo.
Il fatto che il precedente governo resti in carica è una necessità contingente, anche se sembra che non si limiti a svolgere attività di gestione  del quotidiano, ma cerchi di piazzare nelle  cariche più rilevanti di controllo i propri clientes, passati o futuri, approfittando della distrazione di massa determinata dalla situazione post elezioni, e anche dalle vicende vaticane.
A giorni mancherà  anche il presidente della Repubblica.
Tre cariche al vertice dello Stato, considerando la grande influenza del Vaticano sulle vicende politiche italiane, tradizionalmente riservate agli uomini.
Finora.
E qui si innestano quelle possibili trasformazioni delle quali parlavo all'inizio.
Certo il  percorso di possibili cambiamenti radicali non è agevole, in agguato ci sono gli atteggiamenti e i comportamenti consolidati da parte degli esponenti di un sistema finora dominante
Ma quello che attira la mia attenzione è la nuova visibilità conquistata dalle donne in questi frangenti, mi limito a tre situazioni: l'ingresso di donne in Parlamento in numero maggiore di quanto sia mai stato in Italia; le parlamentari del PDL alla "marcetta dei caimani" di eri a Milano, Santanché, Gelmini, Bisancofiore, che ha sostenuto con aria arrogante che Ruby può essere la nipote di Mubarak, e, non ricordo se sempre Biancofiore  o un'altra, che ha detto letteralmente che anche Pasolini andava con i minori, e allora?
Secondo me ci potrebbero essere gli estremi di incitamento a un reato, ancora più grave perché compiuto da parte di una parlamentare.
Queste donne sono apparse le più combattive nel difendere le malefatte del capo-padrone. 
Sempre più evidente tutta la pericolosità e/o ingenuità degli appelli a unirsi "politicamente" in quanto donne, e quindi portatrici degli stessi interessi.
Il terzo elemento di visibilità è il lavoro di cucitura e mediazione condotto da Laura Puppato.
Una donna di intelligenza e sensibilità politica, che ha dato prova di buongoverrno nell'amministrazione della cosa pubblica, altamente snobbata da politici, giornalisti e opinionmaker quando si è presentata alle primarie del PD, che con un lavoro femminile (per na volta ricorro allo stereotipo) di rammendo, tenta di risolvere una situazione di pericoloso stallo democratico.
Latitanza degli uomini, intervengono le donne a rimediare?
Salvo poi tornare nell'ombra con tanti ringraziamenti'
Non siamo fuori del patriarcato, è la solita storia.
Oppure invece si sta andando verso una situazione inedita e imprevista?

domenica 10 marzo 2013

La confusione è grande sotto il cielo

Ci ho dormito sopra più di una notte, ma non mi è servito a chiarire molto.
Di pari passo con le chiusure ufficiali dei due capi/portavoce/fondatori (e chi più ne ha più ne metta) a qualsiasi accordo con i partiti vecchio stampo -dico ufficiali non per ubbie complottiste, ma per  esperienza di vita- si moltiplicano alti lai  su molti periodici nei confronti della rincorsa agli eletti e alle elette del MoVimento5Stelle, dello stracciamento di vesti, delle autocritiche impietose da parte di autorevoli esponenti delle istituzioni politiche italiane.
Accanto a questi accorati appelli a mantenere una dignità, fanno capolino insinuazioni, puntualizzazioni su frasi più o  meno infelici pronunciate o scritte dai/dalle nuove /i parlamentari, indagini giornalistiche sulle persone e i loro affari.
Parto da quest'ultimo elemento, la triste esperienza degli ultimi anni di vita politica italiana ci ha reso avvertite/i, il prerequisito di onestà e trasparenza negli affari propri e dei propri familiari non dovrebbe essere oggetto di dibattito, dovrebbe essere e basta. Se no poi si rischia di giustificare illegalità, politiche atte a difendere interessi personali e patrimoniali con l'alibi dell'essere stati votati, sbandierando il concetto della sovranità popolare. A parte il fatto che questa è una interpretazione sbagliata della sovranità popolare, ben  regolamentata nella parte fondamentale della nostra Costituzione, il "popolo" deve conoscere bene le persone che vuole rappresentino i propri interessi, e venire a conoscenza di irregolarità   prima di votare e non dopo, a cose fatte. 
Quindi questo antipatico rito di indagare sulla trasparenza di chi si candida a "rappresentarci" appare una mesta conseguenza del recente malcostume.
Invece gli altri due comportamenti, insinuazioni e puntualizzazioni, francamente non mi piacciono, non perché non siano importanti i valori di riferimento, ma perché non mi piace siano costruite campagne demolitorie preventive; se non ci sono irregolarità, inopportunità e/o illegittimità, penso occorra aspettare gesti e fatti concreti.
E veniamo ai gemiti e agli alti lai, anche qui mi occorre una distinzione, tutta una serie di critiche al ceto politico che imperversa da vent'anni a capo di tutte le formazioni politiche italiane mi trova assolutamente concorde, e con me tutta l'ampia schiera degli/delle astenuti/e, e elettori/trici che hanno annullato la scheda.
Mi interessa anche la messa a punto di forme di controllo delle/dei parlamentari durante l'esercizio del mandato da parte di noi, base elettorale, chiamata attualmente solo a esprimersi con il voto, senza neppure poter indicare i/le propri/ie rappresentanti; questo significa ridare il giusto valore al nostro organo legislativo, eliminando lo scandalo della decretazione d'urgenza, vera piaga del funzionamento del Parlamento negli ultimi decenni.
Avverso fermamente l'obiettivo di arrivare a un 100% di un movimento o di un partito in Parlamento, tutti i regimi autoritari ci provano e, ahinoi, qualcuno ci riesce pure, ma qui siamo usciti dalla democrazia, perfetta o imperfetta che dir si voglia.
Non credo che apprezzare queste istanze, affermate in modo perentorio dagli/dalle esponenti del M5S, farle finalmente proprie da parte del ceto politico voglia dire "rincorrere Grillo", certo che questo può significare per molte/i perdita di rendite di posizione, cessione in parte o in tutto di privilegi accumulati, di soldi e potere.
Sarà una lotta dura, ma aprirà anche la possibilità di far emergere nuove proposte politiche e aprire il palazzo del potere a nuove voci, quali ad esempio quelle delle donne e degli uomini che combattono contro il sistema patriarcale-capitalistico.
Potrebbe essere.

martedì 5 marzo 2013

Rivoluzione o Commedia dell'Arte?

Leggendo la stampa mainstream italiana di questi giorni, fatta la tara sulle parole scritte per esigenza riempitiva di pagine di giornale in mancanza di fatti reali,  e sulle vendette maturate nei confronti di Grillo, Casaleggio (che comunque non mi sono simpatici, per stile di comportamento e per alcune affermazioni non visionarie, ma stupide secondo me) che snobbano la stampa italiana, quanto mai asservita ai poteri di turno (come documentato dall'insofferenza di molt* di noi e dalle classifiche sul grado di libertà di espressione regolarmente stilate da organismi internazionali), mi pare non si avverta del tutto che si potrebbe trattare -il condizionale è d'obbligo visto che non so come poi nella pratica si muoveranno queste 163 persone nuove in Parlamento- veramente di una rivoluzione, nel senso di presa del potere senza il tradizionale spargimento di sangue a cui siamo abituati, al di là delle intenzioni dei due personaggi che hanno realizzato l'evento.In fondo Arendt diceva a proposito dei momenti rivoluzionari della storia che a un certo punto si crea un concorso di circostanze per cui "le cose avvengono".
Dico non se ne accorgono giornalisti, insieme con opinionisti e ceto politico vecchio, perché continuano a interpretare fatti e persone secondo le categorie politologiche che hanno in testa per esperienza di vita  e pensiero, mentre si trovano di fronte a qualcosa che esce da quelle griglie interpretative, e questo spiega i vari giudizi  sferzanti e denigratori delle persone, delle loro dichiarazioni, sovente impacciate (e devo dire più o meno politicamente opportune).
Sfugge loro da tutte le parti questa imprevista situazione, è inutile lamentarsi che i/le nuov* elett* non rispondono alle domande: le domande formulate nell'ambito della matematica euclidea non hanno senso -risposta nella matematica non-euclidea.
A me sembra questo lo stato delle cose presente qui e adesso. 
C'è anche un aspetto magico scaramantico: la congiuntura temporale dell'assenza- presenza di papa, governo, capo dello Stato, e ho detto assenza-presenza non caso, particolarità nella particolarità determinata dalle dimissioni del papa, roba da far impallidire astrologi, maghi, profeti, redattori di oroscopi.....
La cosiddetta terza (?) repubblica ha portato tutt* noi, di qualunque orientamento politico, anche contrapposto, a un sentimento di disgusto nei confronti di chi ha usato le istituzioni e le cariche pubbliche e private spudoratamente per interessi di bottega, senza neppure darsi la pena di mascherarlo più di tanto. 
La crisi economica galoppante ha messo in difficoltà larghe fasce di popolazione che negli ultimi decenni aveva sperimentato, qui da noi in Occidente, insperate abbondanze di merci e cultura, creando apprensione e malcontento. Inoltre la crisi è stata affrontata nel modo più arrogante e  imbecille, nei vari contesti nazionali europei più a rischio degli altri, dagli incapaci/impotenti  governi di destra e/o di sinistra avvicendatisi, spesso caoticamente (penso alla Grecia e alla Spagna, e in qualche modo anche all' Italia montiana, anche se informalmente).
Abbiamo visto con i nostri occhi negli ultimi anni  il sorgere di lotte di massa di vari strati sociali, e lotte individuali portate fino al suicidio, conflitti di frequenza e intensità che da molti anni non si erano più verificati.
Momenti di lotta, è vero frammentati, che però coinvolgono più livelli di persone, e nei casi nei quali  gli esiti non sono stati positivi hanno funzionato da prova generale di aggregazione, soprattutto  di stili di comunicazione e mobilitazione. 
A parte i più conosciuti No Tav e Dal Molin, mi riferisco alle  fabbriche recuperate, a quelle occupate, ai GAS, che si stanno aprendo numerosi, accanto alle tradizionali banche del tempo....

Tutti elementi, alcuni più vecchi, altri nuovissimi, confluiti nello stesso luogo e nello stesso tempo: nell'anno delle elezioni.
Risultato: entrano in Parlamento, con un certo potere determinante (di immobilizzazione o di spinta veloce verso riforme non amate dai vecchi establishment) persone, molte di età inferiore alla media determinata dalla cooptazione politica tradizionale, senza aver preso le armi e senza apparire a prima vista legate omogeneamente a un gruppo identificabile di potere.Magari poi si scoprirà che non è così, ma per ora sembra così.
O si prende atto dell'accaduto e senza garanzie e senza sapere in anticipo dove si andrà a parare si cerca di muoversi assecondando le potenzialità positive che dovessero presentarsi, o si rimane attonit* e si dà il via a lamentazioni, quasi sempre tra l'altro condivisibili in parte.
Certo resta tutto il piano dei contenuti reali, non ci sarebbe rivoluzione se ci limitassimo a ottenere un risultato di moralizzazione e di trasparenza nella gestione della cosa pubblica, questo è appena un prerequisito, sembra un obiettivo a causa dell'indecente malgoverno degli ultimi decenni, che ci ha avvilito da questo punto di vista.
Come questo influisca -anche minimamente sulla geopolitica, e sui percorsi dei poteri forti internazionali che ormai governano il mondo, tenendo sotto scacco i governi nazionali- e soprattutto in quanto tempo possano modificare qualcosa proprio non lo so, e non ci soccorrono esempi storici, perché troppo differenti tra loro sono i contesti storici, politici, culturali, sociali e tecnologici.
Dopo tutto agli abitanti dei vari imperi che si sono succeduti in Europa (Austro-Ungarico, Turco, Russo...) sembrava impossibile qualunque modificazione del sistema di potere.
Ma d'altra parte quando mai le rivoluzioni hanno progettato fin dall'inizio tappe e percorsi?
Non so se sia ottimismo o che, ma questo è il mondo nel quale vivo, per ora, non ne ho altri.

lunedì 4 marzo 2013

Stati d'animo

Difficile definire il mio stato d'animo attuale, un misto di curiosità, e una leggera, ma direi proprio leggera, preoccupazione per non so bene che cosa: faranno o no un governo in breve tempo, e che governo, di maggioranza, di minoranza, governissimo, e chi poi s'allea/non s'allea con chi? ma appena mi viene in mente la domanda che cosa questo comporti per me, mi viene da rispondere: proprio niente.
Allora rimprovero la mia superficialità, mi metto a leggere articoli dei più vari periodici e quotidiani -per fortuna che c'è la rete per permettere questo senza svenarsi con l'acquisto -sto attaccata a face book come non mai in vita mia, ascoltando tutte le voci che mi compaiono in bacheca, esaminando articoli e video; non mi stanco di ascoltare alla radio le varie analisi di politologi/he, sociologi/he, opinion maker, esponenti politici/che, ma nulla mi commuove o preoccupa veramente.
Sono piuttosto  curiosa di vedere che accadrà, l'ho già detto.
Non colgo questo mio modo di fare come distanza dalle cose politiche, convinta come sono che la politica, nella accezione  originaria, sia l'insieme delle tecniche e pratiche elaborate da una collettività per convivere civilmente in un luogo e in uno spazio, con regole che vanno progressivamente migliorate e/o adottate ex novo al sorgere di nuove esigenze collettive.
Ogni aspetto della vita quindi ha una valenza politica, e nessun* può chiamarsene fuori; certo diversi sono i gradi di responsabilità individuale, nel bene e nel male.
Non mi indigno più di tanto ascoltando e cercando di condividere le indignazioni altrui, specie delle/degli amiche/ci di f.b.
Non mi deprimo più di tanto, pur cercando di capire bene, leggendo le depressioni altrui.
Non mi esalto neppure alla lettura delle entusiastiche dichiarazioni di cambiamenti "rivoluzionari" in atto sotto i miei occhi.
Eppure oggi mi sono trovata a seguire la diretta streaming dell'incontro dei/delle parlamentari del M5S, anche se a tratti, con improvvisa attenzione, qui ho colto qualcosa di nuovo.
Lo so che il Partito Radicale ha mandato in streaming sue riunioni, ma chissà perché la cosa non mi ha mai incuriosito.
Non so perché.

sabato 2 marzo 2013

Misoginia e corruzione

Le cose che mi colpiscono maggiormente in queste convulse giornate del dopo voto, complice un raffreddamento che mi tiene inchiodata in casa da un paio di giorni e mi costringere a  consultare compulsivamente face book e giornali sono tre.
Il turpiloquio, come segno del degrado  e della mancanza di rispetto personale non solo nelle relazioni tra le/gli appartenenti al ceto politico, ma anche nei confronti di noi, cittadini e cittadine, che nutriamo verso questa pratica sentimenti contrastanti.
35 anni di insegnamento mi hanno abituato a pretendere il rispetto linguistico delle e degli adolescenti tra loro e nei confronti del personale scolastico,  comprendevo l'esasperazione alla quale certi colleghi e certe colleghe (magari frustrati/e dalla scarso prestigio sociale e dalla scarsissima remunerazione economica)  potevano indurre in allieve/i con i loro comportamenti poco rispettosi, ascoltavo le ragioni e mi facevo carico del problema all'origine, ma richiedevo fermamente di non ricorre ad insulti, che di per sé avrebbero oscurato le loro ragioni e annullata qualsiasi argomentazione.
Credo che la mia funzione di educatrice, inseparabile nel ciclo delle Medie (di I e di II grado) da quella di insegnante, lo prevedesse, pena sanzioni se non l'avessi esercitata.
Eppure non mi ha mai scandalizzato il turpiloquio in sé, ancora troppo recente era il ricordo degli anni fine '60 inizi '70 quando mi apparve strumento di emancipazione dall'ipocrisia di una società  perbenista a parole, censoria nei riguardi di termini e atti che alludessero esplicitamente  alla sfera sessuale, soprattuto nei confronti di una ragazza della piccola borghesia quale ero io.
Nella mia esperienza scolastica, con i costumi modernizzati, il turpiloquio, non come insulti diretti ma come esclamazione di disappunto, segnava  spesso il passaggio dall' adolescenza all'età adulta. Pur con la mia storia di uso personale del turpiloquio come sfogo liberatorio, faccio fatica a accettarlo in  dichiarazioni pubbliche di persone che, pur non essendo insegnanti, dovrebbero esercitare una funzione pubblica di modello di comportamento per tutti tutti/e, giovani e meno giovani, lo avverto come una mancanza di rispetto verso di me, cittadina e elettrice.
Ma la cosa che mi preoccupa maggiormente è che ho senz'altro contezza, nella mia esperienza di vita e di lavoro, che il  turpiloquio -se è usato da persone che conoscono più di trecento parole- maschera il più delle volte il vuoto di idee e argomentazioni.
Come cittadina sono un po' spaventata.
Lo scandalo che si sta rivelano proprio negli ultimi giorni della corruzione al tempo dell'acquisto di parlamentari per rovesciare il parlamento appena eletto.
Anche qui nessuno può credere in buona fede che non sia mai accaduto nulla del genere, dall'inizio dello stato italiano ci furono accuse ripetute, e storicamente accertate,  di trasformismo, che non era certo  dettato da legittimi ripensamenti e cambi di opinione, ma da interessi individuali e cinismo civico.
All'epoca varie voci si levarono a denunciare la cosa, per la platealità che aveva assunto, secondo lo stile da avanspettacolo che caratterizza l'ideatore della pratica, eppure nessuno/a si prese allora  la briga di indagare, di pretendere chiarezza, parlo di chi aveva la possibilità istituzionale di farlo.
Poi ci si lamenta dell'operato della magistratura, che entra pesantemente nella lotta politica, ma la magistratura dovrebbe essere l'ultima destinataria di un'indagine, perché in grado di stabilire se effettivamente un reato c'è stato, su segnalazione degli organi di garanzia dei quali le Istituzioni dovrebbero essere dotate, maxime le istituzioni politiche che hanno la pretesa di  rappresentarci e guidarci.
Perché nessuno/a allora, presente nel Parlamento, si alzò a chieder chiarezza a tutela della propria dignità e di quella dell'Istituzione?
E su questo mi fermo qui.
Al tempo dello scandalo  delle cene di Arcore e del tampinamento da parte dell'allora  Presidenrte del Consiglio di ragazze giovani e belle, molti e molte, che in pubblico magari negavano gli episodi, in privato mostravano senso di ammirazione maschile e di ammiccamento da caserma    non disgiunto da una punta di invidia, se uomini, di emancipazione femminile se donne, per quanto il potere politico e economico  assicurava a un vecchietto, neanche affascinante, un po' floscio e anche un po' noioso con quel vizio di parlare sempre di sé..
Di fronte a prove inconfutabili via via prodotte, si affrettavano a strillare contro il moralismo imperante e invitavano a prendere in considerazione gli atti di governo, non il privato, nel quale ciascuno regna sovrano.
Furono spesi fiumi di parole da parte di donne e qualche uomo per segnalare che i comportamenti privati e quelli pubblici non potevano essere completamente disgiunti in una persona, perché obbedivano a un medesimo ordine culturale e sociale secondo il quale lo scambio sesso-denaro è il fondamento di una costruzione sociale che destina gli uomini e le donne a compiti precisi, distinti ma complementari per la vita di una società.
Questo ordine è il  patriarcato; è vero che non è un tutto indistinto, che prevede livelli diversi di relazioni tra donne e uomini, di rispetto tra le  persone, che non rimane sempre uguale a se stesso, che evolve nel tempo con l'evolvere della società, delle conoscenze e dei costumi, ma il disprezzo nei confronti delle donne -poste in una condizione di dipendenza-  da parte di un uomo che pensa di poter ottenere quello che vuole procurando loro risorse e privilegi, è lo stesso sentimento che si nutre verso uomini, che meno ricchi e potenti,  devono dipendere per ragioni di sopravvivenza o privilegio.
La radice è la stessa, in quanto alla connotazione di patriarcato -che tenta di mantenere le donne in un'asimmetria di potere e risorse rispetto agli uomini per conservare il comando, si è strettamente intrecciata, nel corso del tempo, quella di capitalismo, con la ingiusta allocazione di risorse e ricchezze.
Davvero no si voleva vedere che misoginia e  corruzione andavano in questo caso di pari passo?
E infine il dato per me più allarmante: é stato osservavo da uno dei suoi clientes* che se l'indagine sulla compravendita di senatori fosse emersa prima delle elezioni Berlusconi avrebbe vinto le elezioni.
Sembra un'affermazione paradossale, ma se consideriamo lo spirito civico di cui fanno mostra molti/e cittadini italiani/e -disprezzo per la cosa pubblica, insofferenza verso le regole di convivenza, ammirazione per chi è furbo e imbroglia i "fessi"- l'affermazione non appare così lontana dal vero, dal momento che nella nostra recente democrazia non abbiamo ancora del tutto smaltita l'attitudine al servilismo nei confronti di chi è più forte, italiano o straniero che sia.
Ma io non ci credo, mi sembra che ci siano incoraggianti segni di risveglio.


*Nell'antica Roma, persone subordinate a un patrono. In cambio di protezione, assistenza giudiziaria e distribuzioni di cibo e denaro (sportula), procuravano al patrono voti alle elezioni e si arruolavano per lui. Il rapporto era ereditario, consacrato dalla pratica e dalla legge. Intere comunità divennero clientes dei generali romani che le avevano conquistate. Clientele si chiamano ancora in età contemporanea i gruppi di cittadini elettori che sorreggono i notabili politici ottenendone favori, in una rete di reciproci interessi (clientelismo).(http://www.pbmstoria.it/dizionari/storia_ant/c/c146.htm)






venerdì 1 marzo 2013

Macerie e patriarcato

Tutto è come sospeso; questa mattina ho letto su Zeroviolenzadonne un articolo di Paola Tavella, pubblicato sugli Altri, che  manifestava tutta la sua contentezza per il "crollo del patriarcato", ravvisando nell'attuale disordine politico e nelle macerie dei partiti tradizionali, mummificati e irrigiditi a difendere i loro piccoli o grandi privilegi, il segno del collasso di un sistema -appunto patriarcale- che non è più in grado di funzionare.
Per un po' mi ha anche messo di buon umore.
Mi è però venuto in mente che coincidenza vuole che la prima volta che arrivano più donne in Parlamento, quest'ultimo rischia di non poter funzionare; inoltre non sono neanche così sicura che se si votasse tra un paio di mesi si ripeterebbe l'exploit, infatti i sostenitori del patriarcato lotterebbero con il coltello tra i denti, come pirati all'arrembaggio del Parlamento, per loro è questione di vita o di morte e dubito che molte donne vorrebbero misurarsi su quel terreno.
O forse sì, qualcuna che imita modalità e stili di linguaggio e comportamenti degli uomini che le hanno cooptate, ma non mi farebbero stare tranquilla, si mostrerebbero più zelanti degli uomini ai quali obbediscono spesso supinamente (absit iniuria...).
Ho anche letto un articolo che affidava alla presenza salvifica femminile il compito di riportare ordine e armonia nelle relazioni politiche in subbuglio.
Illusione del potere delle donne secondo la rappresentazione maschile del femminile: oblativo, materno, che si prende cura di....
Rimane il fatto che nel disordine ha buon gioco chi è più mestatore, chi ha affinato intelligenza e nervi per sfruttare tutte le occasioni per realizzare il proprio "particulare", per distrarre con falsi obiettivi dalle responsabilità gravi delle quali dovrebbe rendere conto.
Comunque non è detto che la pur minoritaria presenza di donne in Parlamento non riservi piacevoli sorprese, almeno quelle che intendono  mettersi in relazione tra loro, senza obbedire ciecamente ai capi di riferimento, per azzardare qualche alternativa al panorama desolante che offrono molti uomini in questa situazione.