lunedì 11 aprile 2022

Guerre. Dal virus all'Ucraina. parteI



Gli ultimi tre anni costituiscono una svolta storica a più livelli, sociale, politico, economico-finanziario, quindi anche antropologico.
Le crisi umanitarie, climatiche, economiche esplose dalla fine del secolo scorso a oggi si sono susseguite con particolare intensità e ferocia nei confronti delle popolazioni impoverite, coinvolgendo p
rogressivamente nei loro effetti anche le popolazioni benestanti del pianeta.
L' ultimo decennio si è caratterizzato per la denuncia nelle piazze e negli studi e ricerche dei danni irreversibili dell’inquinamento causato  dall’industrializzazione selvaggia e  documentato dal cambiamento climatico in corso. 
Si sono intensificati movimenti e momenti di lotta, sempre più ampi e coinvolgenti soprattutto i giovani,  ci  sono state  manifestazioni, iniziative di solidarietà volte a contrastare la sistematica cancellazione di modelli e forme di socialità esistenti nelle varie collettività. Cancellazione alle origine stesse del capitalismo con lo spostamento forzato di individui e masse di persone dalle zone di origine.
 Il sistema dominante, che chiamiamo capitalistico (neo, liberal...) di fronte all'ampliarsi dei conflitti e alle cicliche crisi produttive si è rafforzato ristrutturandosi, la corsa a armi sempre più micidiali e sofisticate è stata la sua prima mossa, per intimidire e mantenere soggette le persone dissenzienti e incrementare i profitti, sempre a rischio di crollo.

Dal 2020 c’è un'unica parola che riassume il fluire e confluire di eventi e processi apparentemente distanti tra loro, la parola guerra, inoltre, per ironia della sorte, le cause ultime scatenanti sono da rintracciare in due regioni interne al sistema economico e competitive con il centro di potere egemonico nel corso del ventesimo secolo, due Stati con le quali esiste una convivenza forzata, la Cina e la Russia.
Sembra accertato che il virus provenga dalla Cina, o fuggito da un laboratorio per negligenza, o sviluppatosi in seguito a costumi alimentari sconsiderati.
Usiamo le metafore per dare senso alle nostre esperienze, agite o patite, di qui la metafora della guerra è stata subito  adottata dalle istituzioni politiche e scientifiche per descrivere  il nostro rapporto con il virus e le misure da adottare. 
Non mi è mai piaciuta questa metafora, ne ho però intuito le ragioni, che ora sono più visibili.
A che cosa serve, infatti, presentare la lotta al virus come una guerra -dove o si vince o si muore- se non a ingenerare un senso di ineluttabilità, di impotenza, quasi rassegnazione al peggio e nello stesso tempo a indurre a mobilitare energie psicofisiche per limitare il più possibile i danni che coglieranno tutte/i/@ ? Chi può dissentire - a scapito della vita propria e altrui- dai provvedimenti che i e le responsabili politiche /ci utilizzano per preservare dalla rovina? Chi può osare mettere i bastoni tra le ruote in situazione di emergenza, opponendosi a disposizioni dolorose  per la natura di controllo sociale, ma inevitabili per la sopravvivenza?
Coerentemente con la metafora della guerra al virus si è fatto ampio ricorso all'esercito, grande il prestigio di un generale preposto all'organizzazione delle misure sanitarie.
Un po' di disciplinamento in situazione di emergenza non guasta mai.
Due anni di pandemia con il corredo di disposizioni limitative della vita e del movimento delle persone hanno contribuito a modificare le relazioni interpersonali, dando spazio a fenomeni di solidarietà da un lato, dall'altro di acrimonia e diffidenza nei confronti di chi le criticava, ravvisando  le cause remote dello scoppio pandemico nello squilibrio provocato tra animali e umani/e/@,  dalla occupazione selvaggia di terre a scapito di animali e piante.
Oltre alla denuncia del progressivo avvelenamento  del pianeta, della inumanità della proprietà dei brevetti dei vaccini, che ha lasciato scoperte le popolazioni dei paesi più poveri,  nel caso dell'Italia si è posto l'accento sullo smantellamento progressivo dei resti di welfare, troppo onerosi per lo Stato, e quindi sulla   privatizzazione della sanità, delle spese per le strutture preposte alla salute, il che ha causato  morti più numerose di quelle dei ricchi paesi occidentali.


Le persone della mia età hanno perso l"innocenza" rispetto alla guerra al tempo della guerra del Vietnam.
Non c'era la Rete a disposizione, solo qualche foto sui giornali e i resoconti dagli inviati al seguito dell'esercito davano conto delle atrocità perpetrate dai soldati USA a danno di civili e combattenti e dai vietnamiti nei confronti dei soldati USA fatti prigionieri.
Prima ancora dei film degli anni Settanta e delle canzoni antimilitariste, che ne hanno denunciato la ferocia e le conseguenze terribili per i reduci, tornati a casa feriti nel corpo e nello spirito, a parte i morti, abbiamo visto la foto della bambina nuda che corre con la schiena bruciata dal napalm, sparso a piene mani sui villaggi e le foreste dagli elicotteri e dagli aerei, la foto del soldato USA che mostra trionfante le teste mozzate di due vietnamiti impugnate dalle mani, abbiamo letto i racconti di torture e stupri effettuati con mezzi meccanici di tutti i tipi sulle donne vietnamite catturate....
Tutte atrocità che oggi si ripetono e si sono ripetute puntualmente in tutte le guerre brevi o lunghe degli ultimi 50 anni.
Abbiamo imparato da allora, noi che la guerra la conoscevamo solo attraverso i racconti dei nostri genitori, a aborrire la guerra e ogni sua forma, praticando il conflitto, che si conclude con la mediazione, non con l'annichilimento dell'avversario..
Abbiamo continuato a gridarlo in piazza e, consapevoli che non basta urlarlo ma occorre lavorare a rimuovere le condizioni materiali e simboliche che provocano le guerre nel breve e lungo termine, abbiamo dato vita a pratiche di conflitto culturale, sociale e politico.
Una delle prime esigenze è il cambiamento sia della relazione tra donne e uomini, modellata dal patriarcato, sia del sistema economico sociale vigente che crea tali ingiustizie e sopraffazioni insopportabili per larga parte delle popolazioni mondiali, degli animali e delle piante.
L'attuale guerra, come le altre esistenti sul pianeta, è tra potenze ben accampate nello stesso sistema, con  
modelli politici e caratteristiche sociali proprie e diversificate, che vanno dalle democrazie liberali attraverso un continuo progressivo processo di restrizione di spazi di libertà di parola e di azione fino alle dittature.
 Stati in competizione tra loro per affermare i proprio  dominio politico economico e finanziario, a spese di popolazioni, che non si rassegnano al destino stabilito dai potenti della terra.