martedì 5 marzo 2013

Rivoluzione o Commedia dell'Arte?

Leggendo la stampa mainstream italiana di questi giorni, fatta la tara sulle parole scritte per esigenza riempitiva di pagine di giornale in mancanza di fatti reali,  e sulle vendette maturate nei confronti di Grillo, Casaleggio (che comunque non mi sono simpatici, per stile di comportamento e per alcune affermazioni non visionarie, ma stupide secondo me) che snobbano la stampa italiana, quanto mai asservita ai poteri di turno (come documentato dall'insofferenza di molt* di noi e dalle classifiche sul grado di libertà di espressione regolarmente stilate da organismi internazionali), mi pare non si avverta del tutto che si potrebbe trattare -il condizionale è d'obbligo visto che non so come poi nella pratica si muoveranno queste 163 persone nuove in Parlamento- veramente di una rivoluzione, nel senso di presa del potere senza il tradizionale spargimento di sangue a cui siamo abituati, al di là delle intenzioni dei due personaggi che hanno realizzato l'evento.In fondo Arendt diceva a proposito dei momenti rivoluzionari della storia che a un certo punto si crea un concorso di circostanze per cui "le cose avvengono".
Dico non se ne accorgono giornalisti, insieme con opinionisti e ceto politico vecchio, perché continuano a interpretare fatti e persone secondo le categorie politologiche che hanno in testa per esperienza di vita  e pensiero, mentre si trovano di fronte a qualcosa che esce da quelle griglie interpretative, e questo spiega i vari giudizi  sferzanti e denigratori delle persone, delle loro dichiarazioni, sovente impacciate (e devo dire più o meno politicamente opportune).
Sfugge loro da tutte le parti questa imprevista situazione, è inutile lamentarsi che i/le nuov* elett* non rispondono alle domande: le domande formulate nell'ambito della matematica euclidea non hanno senso -risposta nella matematica non-euclidea.
A me sembra questo lo stato delle cose presente qui e adesso. 
C'è anche un aspetto magico scaramantico: la congiuntura temporale dell'assenza- presenza di papa, governo, capo dello Stato, e ho detto assenza-presenza non caso, particolarità nella particolarità determinata dalle dimissioni del papa, roba da far impallidire astrologi, maghi, profeti, redattori di oroscopi.....
La cosiddetta terza (?) repubblica ha portato tutt* noi, di qualunque orientamento politico, anche contrapposto, a un sentimento di disgusto nei confronti di chi ha usato le istituzioni e le cariche pubbliche e private spudoratamente per interessi di bottega, senza neppure darsi la pena di mascherarlo più di tanto. 
La crisi economica galoppante ha messo in difficoltà larghe fasce di popolazione che negli ultimi decenni aveva sperimentato, qui da noi in Occidente, insperate abbondanze di merci e cultura, creando apprensione e malcontento. Inoltre la crisi è stata affrontata nel modo più arrogante e  imbecille, nei vari contesti nazionali europei più a rischio degli altri, dagli incapaci/impotenti  governi di destra e/o di sinistra avvicendatisi, spesso caoticamente (penso alla Grecia e alla Spagna, e in qualche modo anche all' Italia montiana, anche se informalmente).
Abbiamo visto con i nostri occhi negli ultimi anni  il sorgere di lotte di massa di vari strati sociali, e lotte individuali portate fino al suicidio, conflitti di frequenza e intensità che da molti anni non si erano più verificati.
Momenti di lotta, è vero frammentati, che però coinvolgono più livelli di persone, e nei casi nei quali  gli esiti non sono stati positivi hanno funzionato da prova generale di aggregazione, soprattutto  di stili di comunicazione e mobilitazione. 
A parte i più conosciuti No Tav e Dal Molin, mi riferisco alle  fabbriche recuperate, a quelle occupate, ai GAS, che si stanno aprendo numerosi, accanto alle tradizionali banche del tempo....

Tutti elementi, alcuni più vecchi, altri nuovissimi, confluiti nello stesso luogo e nello stesso tempo: nell'anno delle elezioni.
Risultato: entrano in Parlamento, con un certo potere determinante (di immobilizzazione o di spinta veloce verso riforme non amate dai vecchi establishment) persone, molte di età inferiore alla media determinata dalla cooptazione politica tradizionale, senza aver preso le armi e senza apparire a prima vista legate omogeneamente a un gruppo identificabile di potere.Magari poi si scoprirà che non è così, ma per ora sembra così.
O si prende atto dell'accaduto e senza garanzie e senza sapere in anticipo dove si andrà a parare si cerca di muoversi assecondando le potenzialità positive che dovessero presentarsi, o si rimane attonit* e si dà il via a lamentazioni, quasi sempre tra l'altro condivisibili in parte.
Certo resta tutto il piano dei contenuti reali, non ci sarebbe rivoluzione se ci limitassimo a ottenere un risultato di moralizzazione e di trasparenza nella gestione della cosa pubblica, questo è appena un prerequisito, sembra un obiettivo a causa dell'indecente malgoverno degli ultimi decenni, che ci ha avvilito da questo punto di vista.
Come questo influisca -anche minimamente sulla geopolitica, e sui percorsi dei poteri forti internazionali che ormai governano il mondo, tenendo sotto scacco i governi nazionali- e soprattutto in quanto tempo possano modificare qualcosa proprio non lo so, e non ci soccorrono esempi storici, perché troppo differenti tra loro sono i contesti storici, politici, culturali, sociali e tecnologici.
Dopo tutto agli abitanti dei vari imperi che si sono succeduti in Europa (Austro-Ungarico, Turco, Russo...) sembrava impossibile qualunque modificazione del sistema di potere.
Ma d'altra parte quando mai le rivoluzioni hanno progettato fin dall'inizio tappe e percorsi?
Non so se sia ottimismo o che, ma questo è il mondo nel quale vivo, per ora, non ne ho altri.

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