Prima ancora della sua attuazione lo Sciopero Internazionale dell'8 Marzo è già un successo, indipendentemente dal numero di donne che vi aderiranno, indipendentemente dal valore simbolico, molto alto, di cui è portatore, il successo sta nella quantità e soprattutto nella qualità e profondità delle analisi e nella ricca articolazione delle proposte emerse nei vari incontri e assemblee preparatorie in Italia e negli altri paesi.
Limitandoci alla realtà italiana a questo indirizzo, https://nonunadimeno.wordpress.com/portfolio/tavoli-tematici/ si possono trovare i rapporti degli otto Tavoli tematici dell'Assemblea del 4-5 febbraio a Bologna; basta dare loro un'occhiata per rendersi conto dei contenuti teorici e pratici elaborati dalle partecipanti ai vari Tavoli, che credo non potranno essere d'ora in poi più ignorati o trascurati, dato il livello di consapevolezze raggiunto.
Il lavoro messo in piedi con tanto impegno darà frutti ben oltre la data dell'8 Marzo, grazie ai contatti consolidati in questo arco di tempo.
Quello che mi sembra si possa cogliere nelle elaborazioni proposte ai Tavoli è la realtà incontestabile di un patrimonio femminista ormai consolidato negli anni, arricchito dalle riflessioni e dalle esperienze più recenti, portate avanti in tutti gli ambiti della vita pubblica e privata delle donne, e nei settori della produzione e della riproduzione.
Mi riferisco ad esempio all'affermazione di un'economista femminista, Antonella Picchio, che porta avanti il discorso nella sua produzione teorica da decenni:
"La produzione non si regge senza una massa di riproduzione che supera il pagato, la riproduzione è il grande aggregato del lavoro".
Non c'è bisogno di aggiungere altro! E' un'evidenza che non si vuol vedere!!
Non a caso tutta l'attività di riproduzione è stata definita dal sistema patriarcale attitudine naturale delle donne, tratto costitutivo della femminilità, e quindi il campo della loro realizzazione primaria.
Questo aspetto è stato comunque interiorizzato da donne e uomini, ha formato le soggettività, anche se è stato contestato in faticosi percorsi di vita individuale, perché costituisce la base del nostro sistema culturale, base sulla quale si sono costruiti tutti i discorsi scientifici e disciplinari, i valori, le fantasie, le aspettative sociali, le paure, i sentimenti e le emozioni.
Così è difficile anche per noi donne uscire dal discorso patriarcale, perché non esiste un' autenticità femminile incontaminata, ci siamo organizzate, nei millenni del patriarcato, in funzione o complementare o contrastiva con il "maschile".
Un esempio della conflittualità e contraddittorietà tra donne è l'insieme dei discorsi e delle posizioni attorno al tema della maternità, discorsi che oscillano tra l'esaltazione e la recriminazione, e attorno al concetto di istinto materno, considerato da molte e molti un universale femminile.
Succede che si consideri quasi contro-natura la donna che dichiara di non volere essere madre e si esaltino le "martiri della maternità", oblative fino alla dimenticanza di sé, per "amore" dei figli, magari trascurando il potere di ricatto sentimentale messo in atto più o meno coscientemente da molte madri oblative.
Ci si dibatte in un circolo vizioso di giudizi etici, senza riuscire a uscirne.
Succede anche che nella pratica quotidiana si continui a ostacolare, da parte delle istituzioni politiche e sociali, la possibilità di interrompere una gravidanza non voluta da parte di una donna, dopo quasi quarant'anni di esistenza di una legge che lo consente, legge comunque frutto di mediazione tra varie culture e sensibilità laiche e religiose.
E' troppo semplice attribuire l'ostilità nei confronti dell'attuazione della legge soltanto all'influenza del clero, che pure esiste, ma ha avuto meno successo ad esempio nel caso del divorzio, osteggiato dalla chiesa in tutti i modi, ma affermatosi come possibilità di scelta per donne e uomini.
C'è una resistenza più profonda rispetto alla possibilità di autodeterminazione di una donna del proprio corpo e della propria vita, resistenza che affonda nel sostrato profondo della nostra cultura d'origine.
Il femminismo si è proposto di trovare le strade per uscire da questa situazione, da questo circolo vizioso.
Non mi illudo che in Italia, e negli altri paesi dove è stato proclamato lo sciopero, milioni di donne interrompano le attività lavorative e soprattutto quelle riproduttive, chi abbandona i bambini piccoli, i malati o le persone anziane, il lavoro magari precario, per un'intera giornata?
Ci sarà chi dedicherà qualche ora a qualche manifestazione, magari dopo aver accompagnato i figli a scuola!
Chi eviterà magari di cucinare, sempre se non ci sono bambini in giro, uscirà e parteciperà a qualcuna delle molte iniziative organizzate nelle città.
Prevedo un'alta partecipazione di pensionate, sempre che non abbiano nipotini a carico o possano contare sulla disponibilità del loro compagno a svolgere l'attività di cura.
Comunque sia sarà un successo per la visibilità dei temi inerenti il rapporto uomo donna, finalmente usciti dalle singolarità delle case, delle riviste, dei Centri e dei luoghi di incontro delle donne, dove hanno continuato a essere analizzati nel corso degli anni, per confluire in un momento collettivo di presa di coscienza e di formulazione di proposte.
Quello che mi sembra si possa cogliere nelle elaborazioni proposte ai Tavoli è la realtà incontestabile di un patrimonio femminista ormai consolidato negli anni, arricchito dalle riflessioni e dalle esperienze più recenti, portate avanti in tutti gli ambiti della vita pubblica e privata delle donne, e nei settori della produzione e della riproduzione.
Mi riferisco ad esempio all'affermazione di un'economista femminista, Antonella Picchio, che porta avanti il discorso nella sua produzione teorica da decenni:
"La produzione non si regge senza una massa di riproduzione che supera il pagato, la riproduzione è il grande aggregato del lavoro".
Non c'è bisogno di aggiungere altro! E' un'evidenza che non si vuol vedere!!
Non a caso tutta l'attività di riproduzione è stata definita dal sistema patriarcale attitudine naturale delle donne, tratto costitutivo della femminilità, e quindi il campo della loro realizzazione primaria.
Questo aspetto è stato comunque interiorizzato da donne e uomini, ha formato le soggettività, anche se è stato contestato in faticosi percorsi di vita individuale, perché costituisce la base del nostro sistema culturale, base sulla quale si sono costruiti tutti i discorsi scientifici e disciplinari, i valori, le fantasie, le aspettative sociali, le paure, i sentimenti e le emozioni.
Così è difficile anche per noi donne uscire dal discorso patriarcale, perché non esiste un' autenticità femminile incontaminata, ci siamo organizzate, nei millenni del patriarcato, in funzione o complementare o contrastiva con il "maschile".
Un esempio della conflittualità e contraddittorietà tra donne è l'insieme dei discorsi e delle posizioni attorno al tema della maternità, discorsi che oscillano tra l'esaltazione e la recriminazione, e attorno al concetto di istinto materno, considerato da molte e molti un universale femminile.
Succede che si consideri quasi contro-natura la donna che dichiara di non volere essere madre e si esaltino le "martiri della maternità", oblative fino alla dimenticanza di sé, per "amore" dei figli, magari trascurando il potere di ricatto sentimentale messo in atto più o meno coscientemente da molte madri oblative.
Ci si dibatte in un circolo vizioso di giudizi etici, senza riuscire a uscirne.
Succede anche che nella pratica quotidiana si continui a ostacolare, da parte delle istituzioni politiche e sociali, la possibilità di interrompere una gravidanza non voluta da parte di una donna, dopo quasi quarant'anni di esistenza di una legge che lo consente, legge comunque frutto di mediazione tra varie culture e sensibilità laiche e religiose.
E' troppo semplice attribuire l'ostilità nei confronti dell'attuazione della legge soltanto all'influenza del clero, che pure esiste, ma ha avuto meno successo ad esempio nel caso del divorzio, osteggiato dalla chiesa in tutti i modi, ma affermatosi come possibilità di scelta per donne e uomini.
C'è una resistenza più profonda rispetto alla possibilità di autodeterminazione di una donna del proprio corpo e della propria vita, resistenza che affonda nel sostrato profondo della nostra cultura d'origine.
Il femminismo si è proposto di trovare le strade per uscire da questa situazione, da questo circolo vizioso.
Non mi illudo che in Italia, e negli altri paesi dove è stato proclamato lo sciopero, milioni di donne interrompano le attività lavorative e soprattutto quelle riproduttive, chi abbandona i bambini piccoli, i malati o le persone anziane, il lavoro magari precario, per un'intera giornata?
Ci sarà chi dedicherà qualche ora a qualche manifestazione, magari dopo aver accompagnato i figli a scuola!
Chi eviterà magari di cucinare, sempre se non ci sono bambini in giro, uscirà e parteciperà a qualcuna delle molte iniziative organizzate nelle città.
Prevedo un'alta partecipazione di pensionate, sempre che non abbiano nipotini a carico o possano contare sulla disponibilità del loro compagno a svolgere l'attività di cura.
Comunque sia sarà un successo per la visibilità dei temi inerenti il rapporto uomo donna, finalmente usciti dalle singolarità delle case, delle riviste, dei Centri e dei luoghi di incontro delle donne, dove hanno continuato a essere analizzati nel corso degli anni, per confluire in un momento collettivo di presa di coscienza e di formulazione di proposte.