Molto si discute, si parla e si scrive, ma invece di cercare di approfondire il più possibile il nodo complesso delle vite in gioco, già formate e in formazione, si impugnano come armi principi e diritti per condurre battaglie. tra opposte fazioni.
Da una parte c'è chi afferma (1) che "la maternità non è un peso di cui liberarsi ma una potenza da affermare politicamente e socialmente", accanto a chi insiste che non c'è "qualcosa di più crudele che privare una madre dei propri figli e convincere tante ragazze nel mondo occidentale che privarsi dei propri figli sia un dono". Quando poi non si arriva a commentare in modo strumentale che :
"Il commercio riguarda i corpi dei bambini, quelli che non sono difettosi, perché per gli altri ci pensano le assicurazioni o i contratti redatti dagli avvocati. In questa affermazione lanciata così, per suscitare orrore, non si capisce bene a che ci si riferisce: alle indagini sulle malformazioni del feto, con conseguente interruzione di gravidanza? Oppure alla mancanza di indagini, che comporta la conduzione della gestazione fino a termine con relativo scarto del bambino non perfetto?
Non so, detto così è qualcosa di allusivo e terrorizzante.
Il tutto condito con richieste di divieti, censure, multe a chi lo fa all'estero e poi rientra in Italia: "Servono politiche dissuasive: chi va all’estero e torna con un figlio deve subire una sanzione amministrativa".
Multe? Basta pagare una multa come per le infrazioni minori?
"Il commercio riguarda i corpi dei bambini, quelli che non sono difettosi, perché per gli altri ci pensano le assicurazioni o i contratti redatti dagli avvocati. In questa affermazione lanciata così, per suscitare orrore, non si capisce bene a che ci si riferisce: alle indagini sulle malformazioni del feto, con conseguente interruzione di gravidanza? Oppure alla mancanza di indagini, che comporta la conduzione della gestazione fino a termine con relativo scarto del bambino non perfetto?
Non so, detto così è qualcosa di allusivo e terrorizzante.
Il tutto condito con richieste di divieti, censure, multe a chi lo fa all'estero e poi rientra in Italia: "Servono politiche dissuasive: chi va all’estero e torna con un figlio deve subire una sanzione amministrativa".
Multe? Basta pagare una multa come per le infrazioni minori?
La nostra storia occidentale è piena purtroppo di donne costrette con le buone o con le cattive a rinunciare ai propri figli per le più varie ragioni, dinastiche, civili, sociali, economiche, senza stare neppure a scomodare le norme sociali dell'antichità greca e romana, o della schiavitù in età moderna nel Nuovo Mondo.
Dall'altra invece c'è chi si appella ai diritti inviolabili delle persone, ad esempio al diritto di genitorialità e in questo modo fa strame di tutto quello che può opporsi alla realizzazione di questi.
Due cose ho chiare; la prima è che non si può affrontare una questione così rilevante con la lingua dei diritti, lingua che astrae dalla vita delle persone concrete e del contesto sociale, economico, culturale, politico in cui donne e uomini sono immersi nella loro quotidianità.
1) Cito alcuni interventi dalla recensione di Monica Ricci Sargentini al Convegno tenutosi a Roma, Maternità al bivio: dalla libera scelta alla surrogata. Una sfida mondiale,
http://27esimaora.corriere.it/17_marzo_23/dall-italia-raccomanzione-all-onu-l-utero-affitto-reato-universale-f4969ecc-1010-11e7-94ba-5a39820e37a4.shtml
Già in merito all'interruzione di gravidanza ci siamo scontrate con lil dibattito sui diritti contrapposti, destinato a naufragare nella realtà complessa e dolorosa delle donne che decidono di non diventare madri in quel momento.
Alcune/alcuni ricorrono alla distinzione tra gravidanza e maternità, nel senso di tenere a bada e separato dal processo in corso nel corpo e nella psiche tutto il carico affettivo e emotivo attivato in una donna dal momento che si accorge di essere incinta. Carico di emozioni positive, di attese e anche di paure, di fantasie sulla futura maternità e sul futuro del/della bambin* che si attende,
Distinzione possibile a quanto si legge in un libro recente (2) che riporta le interviste a una trentina di donne che hanno partorito per altr* , testo che documenta la capacità delle gestanti, spesso già madri, di separare proprio l'attività di gestazione dalla sfera della propria affettività, nel senso di non considerare il figlio o la figlia nell'ambito dei propri affetti.
C'è chi ha affermato di non ricordare nulla neppure della data del giorno del parto, del travaglio (e già qui a me sembra un po' strano, vista l'esperienza personale), c'è chi invece dice di di essersi soffermata durante la gravidanza prevalentemente sulla gioia dei genitori futuri.
Tra l'esaltazione della funzione materna e l'idealizzazione della relazione madre figlio/a, tenuta peraltro in grande considerazione in questo caso, e completamente trascurata in altri momenti di vita quotidiana di donne e bambini/e, e l'affermazione dell'individuo autonomo e legittimato a conquistare quello che ritiene appunto il proprio diritto inalienabile, c'è poco spazio, a mio parere, per una riflessione meno estremizzante e estremista.
C'è anche da osservare che questa situazione è balzata negli ultimi decenni agli onori della cronaca a causa degli sviluppi tecnologici che l'hanno permessa su larga scala, ne hanno consentito l'industrializzazione e la globalizzazione, come è avvenuto negli ultimi decenni per tutto l'insieme delle attività relative alla produzione e alla riproduzione.
Tutte conosciamo le pratiche, queste sì antiche, di gestazione per altri in zone e contesti socio-familiari ridotti in Italia come in altre parti del mondo; consuetudini che non hanno mai comportato pubblicizzazione.
Due cose ho chiare; la prima è che non si può affrontare una questione così rilevante con la lingua dei diritti, lingua che astrae dalla vita delle persone concrete e del contesto sociale, economico, culturale, politico in cui donne e uomini sono immersi nella loro quotidianità.
La seconda, per me più importante e che non si può analizzare la questione della Gpa isolandola dal tema complessivo della relazione donne uomini, della divisione sessuale del lavoro e del conseguente scambio sessuo-economico interno all'ordine patriarcale da un lato, ma neppure separandola dalla esasperata estrazione di profitto messa in atto dal neoliberismo.
1) Cito alcuni interventi dalla recensione di Monica Ricci Sargentini al Convegno tenutosi a Roma, Maternità al bivio: dalla libera scelta alla surrogata. Una sfida mondiale,
http://27esimaora.corriere.it/17_marzo_23/dall-italia-raccomanzione-all-onu-l-utero-affitto-reato-universale-f4969ecc-1010-11e7-94ba-5a39820e37a4.shtml
2) Madri comunque, Serena Marchi , ed. Fandango, 2015
Nessun commento:
Posta un commento