martedì 4 giugno 2024

Lotta Femmista a MIlano. Memorie di una femminista non pentita, IX

  

Alcune donne di un gruppo di Lotta Femminista di Milano insieme ad altre che frequentavano  i Gruppi di Via Cherubini costituiscono un gruppo di lavoro e di studio sul tema della salute, in particolare la salute sessuale e riproduttiva,  partendo dalla messa a fuoco del corpo delle donne come luogo dell'oppressione materiale, simbolica e ideologica, il nome è Gruppo femminista per una medicina delle donne, vi partecipano alcune dottore e alcune studenti di medicina. 

Inizia così un intenso lavoro di analisi sul ruolo della Medicina e sul potere dei medici sulle donne, l'obiettivo primario è la conoscenza del proprio corpo e delle fasi fisiologiche che si attraversano nel ciclo di vita,  medicalizzate e bollate come malattie, primo passo verso l'autodeterminazione. 

Il gruppo affianca allo studio la pratica del self-help, la prima uscita pubblica è l'opuscolo Anticoncezionali dalla parte della donna, nell'aprile del 1974, stampato a proprie spese e diffuso in maniera militante,  che ebbe grande diffusione a livello nazionale e di cui si avranno numerose ristampe negli anni successivi. L'obiettivo, nelle parole di una fondatrice era: un primo progetto di informazione per rompere la cortina dei tabù e dei silenzi, per dire basta alla sofferenza e alla vergogna legate a un corpo trattato come se fosse senza cervello  né coscienza. Diffondere informazioni sulla contraccezione quando era ancora proibito parlarne significava imparare a conoscere il nostro corpo e a controllare la nostra fecondità  come primo passo per riflettere su di noi e diventare padrone di noi stesse (Luciana Percovich, Il corpo, la medicina, la scienza,  in Il movimento delle donne negli ultimi vent'anni, Milano, Unione femminile, 1989). 

Parallelamente  si fa strada, non senza contrasti,  un progetto più ambizioso da parte di un altro gruppo,  l'idea di aprire  un consultorio  autogestito alla periferia di Milano, un Centro per la Medicina delle Donne,  partendo dalla dalla consapevolezza che le donne vanno dal medico anche quando non sono malate, si configura così un luogo di riflessione e ricerca collettiva, non certo un semplice servizio per le donne, come saranno i Consultori familiari istituiti con Legge 29 luglio 1975, n. 405 e dichiarati servizi socio-sanitari.

In tutta Italia, nel 1974 e '75  si moltiplicheranno nelle varie città le iniziative e i Centri impegnati su questi temi, legati all'esperienza di vita quotidiana, si terranno Convegni, si discuterà sul modo di intendere il rapporto con le altre donne, che affluivano numerose.

La proposta milanese era  frutto di un lungo e raffinato lavoro di presa di coscienza e si focalizzava sulla costruzione di una politica nuova rispetto alle forme tradizionali, questa caratteristica la distingueva da analoghe realtà ma la rendeva invisa a  chi era propensa a mediare con le Istituzioni, inoltre prendeva corpo la battaglia per l'aborto condotta dai partiti e dalle loro organizzazioni femminili, che avrebbe catalizzato l'attenzione.

Ma soprattutto era malvista a Milano dai collettivi di autocoscienza e di pratica dell'inconscio.

Per un breve periodo si aprì un consultorio in un quartiere periferico, la Bovisa, luogo di pratica di autocoscienza e di self-help, oltre che di ricerca teorica e di servizio sul territorio.

Un altro gruppo di Lotta femminista di Milano praticò l'autocoscienza, affiancandola all'intervento intenso nei quartieri, davanti ai supermercati, ai giardinetti territoriali, nelle aziende, negli uffici e nelle scuole.

Nel momento in cui abbiamo scelto di fare autocoscienza nel nostro sottogruppo di Lotta femminista eravamo in dodici, di diversa età, estrazione sociale e impegno professionale. La pratica che ormai si era affermata in Italia significava  la possibilità di analizzare liberamente aspetti intimi della nostra vita, quali la sessualità, il rapporto con il nostro corpo, le relazioni con uomini e donne.

Ben presto ci siamo rese conto che quel famoso occhio  controllante e giudicante nei nostri confronti, con il corredo di criteri di valutazione, lo sguardo maschile sul mondo e sulle relazioni, l’avevamo interiorizzato nelle nostre esperienze di vita, di lavoro e di politica, e lo esercitavamo inconsapevolmente tra di noi, malgrado il separatismo dagli uomini, nella riproposizione dei ruoli: chi era più politica e razionale continuava a utilizzare schemi e parole consuete, tendeva a prendere la parola con frequenza, mostrando a volte insofferenza verso chi non concordava, chi era meno abituata a parlare in pubblico stava in silenzio, ma un silenzio pesante e colpevolizzante.
Di fronte a questo ostacolo ci siamo proposte di aggirarlo affiancando allo strumento della parola il disegno.

Nelle riunioni di autocoscienza parlavamo e contemporaneamente disegnavamo.
Il frutto della riflessione è contenuto in un libro, pubblicato nel 1975, nel quale noi autrici risultiamo tutte nominate rigorosamente solo con il nome di battesimo, dal titolo Perché non i fiori, Milano, La Salamandra.
In quell'occasione ci siamo chiamate Gruppo per l'espressione della donna.

Il titolo del libro e del gruppo non sono casuali, una donna di un altro gruppo di Lotta femminista in risposta alla mia illustrazione del nostro lavoro mi aveva invitato in modo un po' sprezzante a andare in giro per la città a dipingere fiorellini sui muri, per sottolineare l'irrilevanza della nostra iniziativa, in seguito a questo colloquio proposi il titolo Perché non i fiori.

L'introduzione del libro chiarisce le nostre intenzioni: ricorrere a uno strumento meno logorato della lingua, capace quindi di far emergere quanto rimane di non detto nei discorsi, spesso dominati da preoccupazioni di natura logico-razionale, alla ricerca di una modalità nuova di comunicazione tra donne.
Due di noi avevano a che fare con professioni artistiche, una era pittrice-scultrice, l'altra fotografa, le altre insegnanti, impiegate, una industriale-manager, un'attrice.

Il libro è diviso in otto capitoli, all'inizio di ogni capitolo abbiamo riportato delle brevi riflessioni come chiavi di lettura, poi i disegni, non firmati, che illustrano quanto ci eravamo scambiate nelle riunioni.
Infanzia è il primo capitolo, seguito da lavoro, sessualità, verginità, matrimonio, bellezza, età, femminismo, che è il capitolo conclusivo e segna un approdo, dopo un percorso costituito da storie individuali, segnate da tratti comuni di disagio, ribellioni, resistenze.

Nella prefazione si presenta il lavoro come un modo nuovo di fare politica tra donne.

Intanto  stavo entrando in una fase di  trasformazione personale contrassegnata da una torsione ideologica, non ero certo la sola, ricordo che in una Assemblea cittadina sui temi della maternità, sessualità e aborto ("Sottosopra n°3", 1975) una donna di Lotta Femminista esordì scusandosi per il fatto di continuare ad avere una relazione  d'amore con il suo compagno (un uomo, quindi un nemico), riscuotendo grandi applausi e anche il mio pieno consenso.

Mio marito per la sua storia personale e per le sue scelte di vita non corrispondeva al modello di maschio-maschilità tossica-  del quale parlavano le mie compagne nelle riunioni di autocoscienza. 
Se questo da un lato mi facilitava la vita, perché ad esempio condividevamo completamente anche il lavoro di cura nei confronti della casa e dei figli,  dall'altro  temevo di nutrire inconsapevolmente  una sudditanza psicologica nei suoi confronti, che mi impedisse di cogliere fino in fondo la mia mancanza di autonomia da lui.
Dibattendomi in questo dilemma mi stavo avviando verso un bagno di ideologia che avrebbe provocato alcune conseguenze di lì a poco nel mio nucleo familiare.

Entrambi i gruppi proseguivano gli incontri con altri collettivi dapprima in via Cherubini, poi nella Libreria delle Donne in Via Dogana, che nel frattempo era stata aperta con il concorso di tutte le donne del Movimento milanese, così come il giornale "Sottosopra. Esperienze dei gruppi femministi in Italia"(1973-1976).

Un' altra iniziativa di Lotta femminista fu l'audiovisivo Siamo donne, siamo tante, siamo stufe, realizzato da alcune donne del Gruppo femminista milanese per il salario al lavoro domestico, un documentario molto completo sullo stato delle cose presenti, sul doppio sfruttamento in casa e al lavoro, sulle lotte condotte  non solo in Italia ma anche nel resto del mondo, conosciuto attraverso la Rete internazionale alla quale aderiva Lotta Femminista.
Il video è consultabile in PDF al link:  
https://www.bibliotechecivichepadova.it/sites/default/files/opera/documenti/sezione-4-serie-1-12.pdf

(continua)















Alcune donne di 

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