lunedì 16 novembre 2015

Noterelle autunnali sul fanatismo

Da giorni volevo scrivere qualcosa sul fanatismo, una piega della psiche, una disposizione interna che autorizza a usare la violenza, a vari livelli, sino agli estremi, per convincere gli altri di una propria idea, eletta a verità assoluta e inconfutabile, il tutto indipendentemente dalla natura dell'ideale proposto, sia religioso, politico, civile. 
L'unica parola che può valersi  della natura di verità assoluta è quella di dio, ogni altra parola umana è per l'appunto confutabile.
La violenza fanatica di chi si richiama alla parola divina esclude il conflitto, dove c'è conflitto, anche aspro, non c'è guerra, nel senso proprio di volontà di annientamento/annichilimento dell'avversario, proprio perché i contendenti si riconoscono un piano di parità e rispetto reciproco.
Ma con dio non si può discutere, bisogna solo obbedire.
L'esito migliore di un conflitto è l'accordo/mediazione, il peggiore è lo stallo, non la morte del nemico.
Io in realtà parlando di fanatismo mi riferivo agli assalti verbali  da parte di vegetariani/e e vegani/e a chi ancora mangia carne animale; le ragioni etiche, economiche, ecologiche portate in favore di queste scelte sono tutte valide -a partire dal rispetto verso gli animali non umani, condannati a torture inenarrabili nei luoghi di allevamento e uccisione, nonché delle trasformazioni irreversibili di ambienti umani e territoriali per le monoculture introdotte dalle multinazionali alimentari- ma confrontare le questioni di principio con la realtà materiale delle persone è quanto di più saggio e illuminato ci sia, a mio parere, altrimenti si rischia di ottenere proprio l'effetto contrario: di fronte a un attacco ci si difende, con tutti i mezzi disponibili, dinamiche proprie delle guerre.
Purtroppo, mentre stavo per dedicarmi finalmente al mio blog con queste noterelle è avvenuto l'attentato di Parigi, che mi ha chiuso il cuore in un blocco di ghiaccio, non solo per le vittime, per l'orrore scatenato, che è umanissimo purtroppo, solo noi umani siamo capaci di torture e barbarie, ma per tutto il contorno di commenti, chiacchiere, distinguo tra persone degne di lutto e pianto, a Parigi, e quelle che non meritano neanche una nota di cordoglio, a volte neppure un titolo in prima pagina, tutte le popolazioni dell'Africa e del Medio Oriente da decenni vittime di bombardamenti, mirati e no.
Adesso c'è stato anche  il bombardamento, che sembra piuttosto una rappresaglia di Stato,  di una città per estirpare l'Isis, struttura che avrà già messo in salvo i dirigenti criminali, lasciando morire sotto le bombe la piccola manovalanza e la cittadinanza inerme.
Tutti e tutte sappiamo da dove venga l'Isis, da chi sia stato o sia ancora armato, cosa si potrebbe fare per togliergli i mezzi, le armi...
Ma la geopolitica da un lato e il profitto che viene dalla vendita di armi dall'altro ostacolano  una seria e meditata possibilità di intervento per smantellare questa mortifera congrega.
Quanto poi c'entri il fanatismo religioso anche qui c'è probabilmente da distinguere tra chi è disperato per il malessere che vive, psicologico, sociale, affettivo magari, e vede un'unica possibilità di salvezza in un premio futuro -il cristianesimo si regge da secoli su questa promessa di felicità eterna a chi è vittima di abusi e soprusi- e chi consapevolmente utilizza questo strumento per far commettere crimini a persone deboli, frustrate, o magari psicolabili, imbottite probabilmente di sostanze allucinatorie.
Ubriacavano e drogavano i soldati prima degli attacchi anche nelle guerre.
Io non so se veramente quanto c'entri la convinzione religiosa, può darsi che per qualcuno, parlo dei terroristi, ma ormai anche qualche terrorista donna,  sì, mentre per altri/e giocheranno altri elementi oggettivi e soggettivi.
Vedendo il pianto disperato di un ragazzo molto giovane, prima di un attacco, mi è venuto in mente che alcuni possano essere anche costretti, non so con minacce e ricatti.
Cerco scrivendo così di tenere a bada lo sconforto, ma sono anche sempre più convinta che per un periodo  occorrerebbe che si facesse propria da parte di ciascuno/a l'esortazione di Karl Kraus:
"Chi ha qualcosa da dire si faccia avanti e taccia", in attesa di trovare qualche strada comune per uscire da questa situazione di guerra più o meno strisciante.





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