Scorze di Adriana Perrotta Rabissi, un libro composto da miei brevi racconti e mie letture critiche di scrittrici amate. Alcuni romanzi mi hanno interpellato emotivamente e affettivamente, mi sono impossessata di temi, sentimenti, emozioni espressi dalle autrici, le ho filtrate attraverso la mia esperienza di vita e pensiero, e le ho restituite ai racconti
domenica 2 giugno 2019
Racconti della non località
La bambina
Non ne poteva proprio più dell’assurda reclusione in casa.
Ormai da tempo si sentiva in forze, gli esercizi nella piccola palestra allestita in casa dal papà erano diventati sempre più lunghi e complessi e, a detta dell’allenatore che veniva a casa tre volte alla settimana, i suoi muscoli erano diventati saldi e elastici.
Da tempo erano sparite le sbarre di protezione anticaduta ai lati del suo letto, che ricordava di avere avuto fin dai primi anni di vita, si sentiva finalmente liberata da quella costrizione, pur avendone apprezzato il sistema sonoro, una fantasia di scampanellate, che si attivava non appena le sfiorava. Gli sguardi di apprensione dei genitori e della nonna per una possibile sua caduta l’avevano indotta, non appena si era resa conto che accorrevano a qualunque ora della notte, a limitare di molto la sua presa sulle sbarre.
Ora erano state tolte.
Non andava più in giardino solo se accompagnata da una persona adulta, ora portava al collo, pendente da una catenina d’oro, un minuscolo apparecchio elettronico leggero, sottile, di una lega nuova, simulava un gioiello etnico, segnalava costantemente la sua posizione perché si potesse intervenire in caso di malore, l’unica consegna era che non se lo togliesse mai, né in casa, né in giardino.
Quanti progressi negli ultimi tempi! Aveva smesso di piangere e urlare con la nonna se non le cucinava i piatti preferiti, non ricorreva più ai capricci per ottenere qualcosa e, soprattutto, non vedeva da tempo lo sguardo allarmato dei suoi alle sue intemperanze, segno che erano meno preoccupati del fatto che le capitasse qualcosa durante quelle crisi.
Non aveva capito o non le avevano spiegato chiaramente di quale patologia soffrisse, ma sentiva che si stava avvicinando a una sorta di guarigione, diminuite le pillole somministrate quotidianamente, le sembrava di essere meno assonnata da un po’ di giorni.
Forse era venuto finalmente il momento di frequentare una scuola, invece di studiare a casa con le maestre, prima, i professori poi. Le piaceva studiare, ma le mancava la compagnia dei suoi coetanei, era stata sempre solo con adulti, attenti e guardinghi nei suoi confronti.
Non vedeva l’ora di abbracciare il fratellino e la sorella maggiore, che per motivi di salute non vivevano a casa, ma in una clinica poco lontano, li aveva visti sempre e solo in skype, aveva imparato a giocare con loro per lunghe ore i giochi che si inventavano di volta in volta. Sua sorella era molto brava a proporre nuovi passatempi, mentre il fratellino preferiva sentire raccontare storie, di cui si era scoperta maestra. Erano soliti anche erano scambiarsi pensieri emozioni, e da un po’ di tempo progetti di vita in comune, avrebbe dato qualsiasi cosa per vederli di persona, toccarli e abbracciarli.
Forse anche loro stavano guarendo da una malattia, peggiore della sua, dal momento che non era stato possibile curarli a casa.
Dopo lunghe sue insistenze, consulti frequenti con dottori, i suoi si erano convinti a farle incontrare la sorella e il fratello, non aveva capito se in casa o in clinica, ma il momento si avvicinava, lo percepiva dall’eccitazione che si respirava, colloqui che si interrompevano al suo apparire, tracce di lacrime di commozione sul viso della nonna e della mamma, il papà sempre più taciturno e nervoso.
Pensò di anticipare i tempi, era arrivato il momento di fare qualcosa per loro, di rassicurarli, mostrandosi finalmente autonoma dalla protezione, liberandoli dalla loro continua apprensione.
Si avvicinò, inosservata, alla porta del giardino, si tolse la catenina e la appese al cancello, lo aprì grazie al pulsante elettrico, come aveva visto fare dalla finestra della sua stanza, si trovò all’esterno.
La nuova sensazione di libertà le provocò un capogiro, si sentì invasa da un’euforia mai provata, avrebbe finito di essere “un peso”, cosa che a volte avvertiva, senza che alcuno glielo avesse fatto mai notare, in questo modo avrebbe contraccambiato tutte le loro attenzioni.
Si avviò per la strada, svoltato l’angolo incrociò un bambino, che la guardò incuriosito
Si avvicinò sorridente.
Si sentì finalmente felice per la prima volta in vita sua, mentre apprezzava quelle carni dolci e tenere che superavano di gran lunga, in gusto, tutti i cibi prelibati preparati per lei dalla nonna.
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