martedì 28 maggio 2019

Racconti della non località



La maschera

Cammina sull’argine sterrato del lago, oasi di riparo per uccelli di passo, immersa nei pensieri, nelle ansie, nelle abituali inquietudini. Rare bici la sfiorano, la sorpassano con il loro passo ritmato i camminatori, intenti alla corsa quotidiana, soprattutto uomini. Non può fare a meno di considerare quanto l’età renda più fragili non solo il fisico, ma anche la psiche.
Anni prima non temeva di andare da sola, a notte piena, sulla circonvallazione, armata di una tannica vuota, a cercare un distributore di benzina aperto, erano altri tempi, non ancora alimentati d
ai continui allarmi sulla sicurezza sparsi a piene mani da tutti i mezzi di comunicazione. Ora non può evitare di pensare che è una donna sola, in un luogo isolato, in mezzo a un bosco, da una parte l’acqua e il canneto, dall’altra l’intricato fogliame, consapevole che neppure l’età la risparmierebbe da una eventuale aggressione sessuale, anche se in un pomeriggio inoltrato.

Le fronde degli alberi stormiscono leggermente, ogni tanto un’anatra pare scoppiare in una risata, l’aria immobile l’avvolge come una cappa.
Una figura le viene incontro, alta, vestita con un cappotto nero lungo fino ai piedi, stivali neri, sul viso una maschera di lupo, non quelle di cartone che si indossano a carnevale o a Halloween, ben più raffinata, di una consistenza simile alla pelle, con una folta morbida peluria bianca e nera ai lati della bocca, dotata di denti aguzzi.
Quello che incanta è lo sguardo, due occhi di ambra chiarissima, che sembrano leggerle nei pensieri.
Un lieve cenno del capo di saluto e un gesto con la mano guantata che le propone di fare un tratto del sentiero insieme.
La diverte la coincidenza che il giorno precedente ha partecipato a una festa cittadina in maschera, molto ricca di travestimenti, anche da lupo, ma nessuno poteva paragonarsi a quello che le si è parato davanti.
Il fascino che gli occhi sprigionano e soprattutto il silenzio che accompagna la proposta la convincono ad accettare l’invito, la passeggiata riprende, lentamente.

La presenza così discreta e silenziosa, unita alla profondità dello sguardo indagatore, hanno su di lei un effetto tranquillizzante; comincia a sentirsi protetta da quel casuale accompagnatore, o accompagnatrice. Si sorprende a raccontare di sé, dopo le prime considerazioni sul tempo e sul luogo, a una persona che mai più incontrerà, qualcuno che in quel momento è assorbita totalmente da lei e dalle sue parole.
Si snodano le riflessioni su quello che le piace, che le sarebbe piaciuto, che la turba, espresse con una libertà raramente provata nei discorsi con amici e amiche.
Vorrebbe un cenno di riscontro, un gesto della testa o delle mani, di reazione alle sue parole, la sgomenta un po’ non capire almeno se sorride, se si annoia, solo quella costante attenzione, quegli occhi fissi .
Peccato non scambiare pensieri e opinioni. Contemporaneamente prova una sorta di compiacimento nel riuscire a tenere così desta l’attenzione di un’altra persona, donna o uomo che sia.

Arrivata al bivio del sentiero che porta in paese, quasi rammaricata della fine della passeggiata, gli/le porge la mano in segno di saluto, e si sente afferrare in una morsa ferrea.
Sorride, tenta di liberarsi senza riuscirvi, cerca nello sguardo un segno di comunicazione ma si trova davanti a due occhi freddi nella loro trasparenza, privi di espressione.
Assalita dal panico cerca di divincolarsi, i denti aguzzi da lupo affondano nel suo collo.

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