Una delle acquisizioni più importanti del femminismo degli anni Settanta è che considerare le donne soggetti al pari degli uomini in ogni ambito di vita e di pensiero, smettendo di rappresentarle interne alla categoria di umanità declinata al maschile inteso come neutro universale, ha costretto a confrontarsi con le parzialità che costituiscono l'umanità, a partire dalla distinzione tra donne e uomini. Questo ha implicato una rivoluzione di sguardi, punti di vista, convinzioni accettate da tempi immemorabili, certezze consolidate. sicurezze assimilate oltre che nella vita quotidiana, nella vita pubblica e sociale, nei campi e settori di studi e ricerche, nei conflitti e nelle lotte.
Il lavoro produttivo è strettamente intrecciato con quello riproduttivo, ma le due sfere sono state separate dalla divisione patriarcale del lavoro:: alle donne la sfera della riproduzione corrispondente alle loro attitudini e capacità e agli uomini quella della produzione, altrettanto corrispondente alle supposte loro qualità, percepite come "naturali".
Il lavoro produttivo è strettamente intrecciato con quello riproduttivo, ma le due sfere sono state separate dalla divisione patriarcale del lavoro:: alle donne la sfera della riproduzione corrispondente alle loro attitudini e capacità e agli uomini quella della produzione, altrettanto corrispondente alle supposte loro qualità, percepite come "naturali".
La soggettività delle donne si è storicamente plasmata nelle attività di accudimento di persone e animali, di raccolta e preparazione di cibi, di riparazione e mantenimento d oggetti e ambienti; il riconoscimento e l'apprezzamento di familiari e estranei, quando c'era, compensava dell'insignificanza sociale caratteristica della maggioranza delle donne, l'alibi generale era costituito
dal fatto che le loro fatiche erano dettate dall'amore, l'arma potente di assoggettamento delle donne, , Quando pi le attività di cura entrano nel mercato sono pagate poco e svalutate socialmente.
Analogamente la soggettività maschile ha assunto caratteristiche "adatte" alla produzione, alla politica, alle istituzioni, senza doversi preoccupare delle attività riproduttive, consegnate totalmente alle donne. Questo impoverimento psichico e fisico degli uomini è diventato una causa della loro fragilità complessiva, che sfocia in molti casi in violenza e prepotenza.
Il mondo della produzione, così come si è venuto configurando negli ultimi tre secoli, è stato egemonizzato da un sistema economico-sociale, il capitalismo, che ha puntato esclusivamente all'incremento dei profitti dei maggiori detentori dei mezzi di produzione. e ha estratto ricchezza oltre che dalla forza-lavoro impiegata, anche dalle attività di riproduzione erogate dalle donne in tutto il mondo, con carichi di lavoro diversi a seconda delle situazioni economiche e sociali. Accanto a questo il capitalismo, nelle sue varianti nel tempo e nello spazio, ha saccheggiato fino all'inverosimile terre, acque, animali e piante.
Il mondo della riproduzione è stato pretestuosamente offerto come contrapposto, pertanto è stato idealizzato come luogo appagante e irenico, il luogo dell'affetto disinteressato, dove ritemprare le forze e le energie spese nelle attività pubbliche.
In questo consiste l'intreccio attuale tra capitalismo e patriarcato.
Negli ultimi decenni si sono prodotti molti cambiamenti sia nel mondo della produzione che della riproduzione, conseguentemente alle trasformazioni sociali, nel primo caso la femminillizzazione del lavoro ha esteso anche agli uomini la pretesa che siano messe a disposizione attitudini e capacità tradizionalmente maturate dalle donne nell'ambito domestico, fino a arrivare alla richiesta di lavoro gratuito; nel secondo caso si sono moltiplicati episodi di manifestazione delle forze distruttive operanti anche all'interno delle famiglie, in ragione della maggiore autonomia e indipendenza di giudizio voluta dalle donne che ha messo a nudo la fragilità degli uomini. Al mutare delle condizioni storiche non corrisponde un altrettanto veloce cambiamento di mentalità, di sensibilità, di comportamenti. La forza di inerzia del modello dominante prolunga certe posizioni mentali, anche quando vengono meno le condizioni materiali che l' hanno prodotto.
Ecco perché per cambiare alle radici il sistema di produzione e riproduzione che ci affligge occorre lottare contro il patriarcato, che è un suo potente sostegno e viceversa per rovesciare il patriarcato occorre abbattere il sistema economico che vi si è intrecciato; non sono possibili scorciatoie.
Quindi occorre affiancare alle lotte sociali per modificare il sistema di produzione e di riproduzione le battaglie culturali per l'eliminazione degli stereotipi di genere, che derivano dalle immagini interiorizzate della relazione donne e uomini, che sono i principali fattori dell'inerzia linguistico-mentale Il cambiamento delle condizioni materiali di vita poggia anche sulle modificazioni della autorappresentazione di sé di donne e uomini. Una strategia per sminuire la lotta agli stereotipi di genere, specie quelli presenti nella lingua usata quotidianamente, è la tendenza a rubricarli nella dimensione della political correctness, come se si trattasse di un diritto civile tra gli altri, svuotandola della carica eversiva culturale e sociale della quale è invece portatrice.
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