venerdì 24 maggio 2019

Racconti della non località



Desideri


La mattina si presenta fredda ma limpida; finalmente un giorno in armonia con l’immagine interiore della stagione, allora è tutto in ordine, la giornata scorrerà tranquilla.
Da quando ha smesso di lavorare si alza serena, può indugiare nel ricordo dei sogni appena fatti, le sensazioni sono le stesse di quando era bambina, ma ora non può evitare di interrogarsi non sul significato, ha imparato che un sogno vuol dire qualcosa e il suo contrario, ma sullo stato d’animo che l’ha determinato.
Solamente rimpiange la perdita della magia di allora.

Nel parcheggio del Porto Antico c’è posto, l’incontro con Mirko la turba un poco; perché poi vedersi in un luogo così denso di ricordi da mettere a rischio l’autocontrollo, che pena sarebbe essere tradita dall’emozione.
Si rimprovera la sua solita resistenza a rifiutare inviti rivolti con gentilezza, l’abbandono alla tenerezza di un momento le impedisce di assecondare il proprio desiderio, come se fossero soltanto i gesti arroganti quelli in grado di suscitarle per reazione l’amor di sé.

“Sono qui da un po’, temevo non venissi più. Camminiamo verso il molo?”
“Allora, che cosa c’è? Perché siamo qui?”
“E’ una banalità dire che sei cambiata poco in trent’anni?”
“Abbastanza, ma mi sta bene lo stesso il complimento”
Il fastidio per i modi e le parole scontate non cancella del tutto il senso di leggera euforia, che la invade chissà se anche a ottant’anni sarà sensibile agli effimeri apprezzamenti dei quali, forse, sarà ancora fatta oggetto.
Non  si è ancora liberata delle insicurezze adolescenziali.

E’ in piedi su una roccia protesa nel mare, le onde si fanno più agitate a vista d’occhio, questa volta decide di scendere nell’acqua, che si rivela azzurra e calma, il mare è chiuso, senso di appagamento, eppure, un momento prima, dalla finestra della sua casa di bambina aveva guardato con timore, misto a desiderio, il mare aperto, pulsante di un moto crescente.

E’ stato piacevole ritrovarsi con un vecchio amore per una conferma, non cercata, di quanto fosse conclusa la relazione già al suo inizio. E’ stata bene, ha mangiato con appetito, chiacchierato del più e del meno, compensando, a distanza di anni, le ansie e angosce provate al tempo del suo innamoramento.

Prova curiosità per la riunione in una vecchia libreria nel cuore della città. Le ha telefonato un’amica: “ Ci rivediamo, un po’ di vecchie e un po’ di giovani che vorrebbero conoscerci. Hanno letto qualche libro, ma non hanno capito molto, non c’è niente in giro in grado di trasmettere davvero quello che è successo trent’anni fa. Quando vengono in libreria parliamo un po’, mi hanno quasi costretto a vederci, non ho saputo dire di no, si tratta di un paio d’ore. Vieni anche tu.”
Perché no, le piace sempre incontrare persone; quando lavorava si trattava di incontri obbligati, ora le sembra un lusso scegliersi le situazioni, anche quando si rivelano poco interessanti.

Si è rammaricata per anni di non avere avuto figli, prima era troppo occupata con il lavoro, l’amore, i viaggi, poi, quando ha deciso di fermarsi e provare non sono venuti. Chissà come sarebbe andata se avesse fatto coppia stabile con una donna, avrebbero deciso e ottenuto di avere figli? Si sarebbero trovate insopportabili l’una con l’altra, salvo aiutarsi –dovere o piacere- in caso di reciproco bisogno? Oppure avrebbero condiviso serenamente le loro condizioni di bambine-ragazze –giovani donne e donne adulte, scambiandosi pensieri, esperienze e amore?

Il vano sul retro della libreria, metà magazzino e metà soggiorno  con una ventina di seggiole in legno, è confortevole, una decina di donne lo occupa, non si è perduta l’abitudine di portare qualcosa, una scatola di biscotti, salatini, acqua minerale, c’è anche una bottiglia di bianco, secco.
Saluti, presentazioni, l’inevitabile imbarazzo del prendere la parola. La più disinvolta, laureata in ingegneria meccanica, lavora in una multinazionale di progettazione di impianti idraulici per usi industriali, rompe il ghiaccio.
Fino ai vent’anni non si è interessata ai discorsi delle donne sulle donne, al liceo ha vissuto in classe una situazione di eccellenza femminile. Apprezzata da insegnanti e studenti, ammirata e corteggiata, a volte è corsa in aiuto di ragazzi timidi e miti, maltrattati da coetanee in mille modi. All’università è stata sempre tra le migliori, ha studiato senza eccessivi tormenti e patimenti.
Ha confortato amici inconsolabili, piantati all’improvviso dalle rispettive fidanzate, molto più numerosi gli abbandonati che non le abbandonate.
E’ proprio una donna nuova, emancipata, lontana, per quanto le è possibile, dal lavoro di cura, autostima senza superbia, rapporti franchi con uomini e donne, individua con precisione e rapidità il proprio desiderio riguardo a persone, oggetti, situazioni.
Mentre lei, pur con il pallino dell’emancipazione in testa fin piccola, ha scelto una professione che è  pur sempre un’estensione del lavoro di cura.

Un misto di ammirazione e di angoscia la invade, se non si fosse lasciata andare all’automoderazione, se si  fosse ascoltata con maggiore attenzione, chissà quale sarebbe stata la sua vita. A dieci anni, quando aveva conosciuto a scuola la chimica, aveva deciso che avrebbe studiato chimica industriale, per andare a dirigere un' azienda nel deserto. Questo ha sostenuto per tutte le medie e il liceo. Al momento di iscriversi all’Università si è iscritta a Lettere.

Si sente rincorrere mentre si avvia verso casa: “Non ho avuto modo di dirlo prima, parlavamo tutte insieme, volevo dire che vi ammiro molto, voi di una certa età, avete vissuto in momenti più difficili di noi, minori libertà di costumi e maggiori difficoltà ad affermarvi nel lavoro. Ma siete state così brave a riconoscere i vostri desideri, che siete riuscite a ottenere quello che volevate. Vi invidio anche un po’, io ho buon lavoro e soddisfazioni nella vita, ma volte mi sembra di lasciarmi un po’ troppo trasportare dalla corrente, dal momento, dalle aspettative degli altri. Credo di non avere la vostra forza di volontà e determinazione”.

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