La panetteria-focacceria è piena di clienti, le commesse ora con una battuta in dialetto ora con un’osservazione sul tempo , contengono l’inquietudine che comincia a serpeggiare per lo scorrere dei minuti..
Le forme di pane croccante sulle mensole infarinate, le teglie di focaccia oleosa e profumata di salvia e cipolle rallegrano occhi, solleticano nasi e smuovono salive; è l’ultima fermata questa, tutto il necessario per la cena è stato comprato, non è ancora mezzogiorno e fino alle otto di sera ci sarà il tempo per prepararla con calma.
Il vento, all’uscita del forno, investe di un profumo di mare selvaggio non ancora addomesticato dai languori fruttati e appiccicosi degli oli e delle creme solari.
Nel tratto verso casa, ripassato l’ordine delle portate, comincia a pensare a come apparecchiare.
Negli ultimi tempi è frequente il desiderio di stupire amiche e amici imbandendo la tavola secondo stili tradizionali di cucine orientali, ci starebbe bene lo stile cinese questa sera, che però richiederebbe cibi difficili da preparare per adattarli al vasellame; vada allora per lo stile thailandese; le scodelle con i piatti rettangolari, le tovagliette in bamboo, le mini-salsiere smaltate a colori vivaci, le due composizioni di fiori al centro del tavolo diffonderanno buonumore, unica eccezione l’assenza dell’altarino a Buddha, questo proprio non lo prevede.
Contamina la scena con gli amati centrini di pizzo, regalo della nonna centenaria.
Abbandona malvolentieri i caruggi per tornare a casa, gli alti edifici che sembrano congiungersi verso il cielo assicurano protezione mista a quel senso di trasalimento consueto ogni volta che svolta un angolo, nell’attesa –timore di incontrare l’imprevisto.
Sensazione analoga a quella provata nel ricorrente sogno di discesa in una cantina buia, dal pavimento sconnesso, dai muri sgretolati, resa affascinante dai percorsi labirintici che conducono all’incontro con il mostro da combattere, ogni volta presentito e mai incontrato.
Mentre dispone i piatti in lavatrice riflette sulla propria fragilità emotiva, responsabile dell’agitazione mantenuta tutto il giorno. Dono recente della raggiunta maturità, che si traduce in ansia da prestazione, in questo caso appena mitigata dalla consapevolezza della consolidata esperienza culinaria. Neppure un’eventuale mancanza di tempo giustificherebbe l’insicurezza che ormai l’accompagna sempre più frequentemente. Da quando ha lasciato il lavoro il tempo non è più un problema oggettivo.
Un improvviso scarto, un soprassalto, un odore pungente di benzina, il motore sputacchia e si spegne, meno male che è in vista della terra, dopo tanti giorni di permanenza in altomare, ci sarà forse da pulire il carburatore. Ancora.
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