"non c'è una fra le vostre donne che per una notte non abbia sognato di essere Clitennestra"
Un testo potente il monologo di Marguerite Yourcenar dal titolo Clitennestra o del crimine, pubblicato nella raccolta Fuochi.
Una delusione amorosa ha indotto l'autrice a ripercorrere e interpretare con la sensibilità di una donna del Novecento miti antichi che trattano di grandi amori traditi o non corrisposti.
In questo testo, che Yourcenar immaginava ambientato nell'aula di un tribunale, colpisce la lucida e spietata analisi di una donna, consapevole del proprio valore e della propria forza, che si accorge di aver sprecato la vita per un uomo mediocre. Ha esercitato la funzione di capo durante la sua assenza, sa di essere più capace e meritevole di quel ruolo di potere del marito e di altri uomini, ma soprattutto si rende conto della falsità di una vita, programmata fin dalla nascita dai genitori, aspettata con ansia nell’adolescenza, destinata ad amare, servire, onorare un uomo senza particolari qualità, tutto preso dalle vicende della guerra e dai piaceri sessuali. L’amore folle tradito e il disincanto la portano a organizzarne l’uccisione.
Possiamo chiederci, con Yourcenar, se l'uomo in questione non fosse stato meschino e indegno come Agamennone la vita di Clitennestra non sarebbe stata ugualmente deludente e infelice?
"Ora vi spiegherò tutto, Signori della Corte ... Mi vedo davanti innumerevoli orbite di occhi, linee circolari di mani appoggiate alle ginocchia, di piedi nudi posati sulla pietra, di pupille fisse da cui sgorga lo sguardo, di bocche chiuse dove il silenzio sta maturando un giudizio. Mi vedo davanti delle assisi di pietra. Ho ucciso quell'uomo con un coltello, in una vasca da bagno, con 1'aiuto di quel poveraccio del mio amante che non riusciva nemmeno e tenergli fermi i piedi. Conoscete la mia storia: non c'è uno fra di voi che non l'abbia ripetuta venti volte alla fine di qualche lungo pranzo, accompagnato dagli sbadigli delle serve, e non c'è una fra le vostre donne che per una notte non abbia sognato di essere Clitennestra. I vostri delittuosi pensieri, le vostre smanie inconfessabili affluiscono giù dai gradini e vengono a riversarsi in me, e così una specie di orribile andirivieni fa di voi la mia coscienza e di me il vostro grido. Vi siete raccolti qui perché la scena dell'omicidio venga ricostituita sotto i vostri occhi un po' più rapidamente che nella realtà, perché richiamati al focolare della cena serale voi potete dedicare qualche ora al massimo per sentirmi piangere.
Una delusione amorosa ha indotto l'autrice a ripercorrere e interpretare con la sensibilità di una donna del Novecento miti antichi che trattano di grandi amori traditi o non corrisposti.
In questo testo, che Yourcenar immaginava ambientato nell'aula di un tribunale, colpisce la lucida e spietata analisi di una donna, consapevole del proprio valore e della propria forza, che si accorge di aver sprecato la vita per un uomo mediocre. Ha esercitato la funzione di capo durante la sua assenza, sa di essere più capace e meritevole di quel ruolo di potere del marito e di altri uomini, ma soprattutto si rende conto della falsità di una vita, programmata fin dalla nascita dai genitori, aspettata con ansia nell’adolescenza, destinata ad amare, servire, onorare un uomo senza particolari qualità, tutto preso dalle vicende della guerra e dai piaceri sessuali. L’amore folle tradito e il disincanto la portano a organizzarne l’uccisione.
Possiamo chiederci, con Yourcenar, se l'uomo in questione non fosse stato meschino e indegno come Agamennone la vita di Clitennestra non sarebbe stata ugualmente deludente e infelice?
"Ora vi spiegherò tutto, Signori della Corte ... Mi vedo davanti innumerevoli orbite di occhi, linee circolari di mani appoggiate alle ginocchia, di piedi nudi posati sulla pietra, di pupille fisse da cui sgorga lo sguardo, di bocche chiuse dove il silenzio sta maturando un giudizio. Mi vedo davanti delle assisi di pietra. Ho ucciso quell'uomo con un coltello, in una vasca da bagno, con 1'aiuto di quel poveraccio del mio amante che non riusciva nemmeno e tenergli fermi i piedi. Conoscete la mia storia: non c'è uno fra di voi che non l'abbia ripetuta venti volte alla fine di qualche lungo pranzo, accompagnato dagli sbadigli delle serve, e non c'è una fra le vostre donne che per una notte non abbia sognato di essere Clitennestra. I vostri delittuosi pensieri, le vostre smanie inconfessabili affluiscono giù dai gradini e vengono a riversarsi in me, e così una specie di orribile andirivieni fa di voi la mia coscienza e di me il vostro grido. Vi siete raccolti qui perché la scena dell'omicidio venga ricostituita sotto i vostri occhi un po' più rapidamente che nella realtà, perché richiamati al focolare della cena serale voi potete dedicare qualche ora al massimo per sentirmi piangere.
É in questo corto spazio bisogna altresì che non soltanto i miei atti ma anche le loro motivazioni esplodano in piena luce, benché per prendere consistenza ci abbiano messo quarant'anni. Io ho aspettato quell'uomo prima che avesse un nome, un viso, quando non era ancora per me che una sciagura lontana Ho cercato nella folla dei vivi quella creatura necessaria alla mia futura delizia: non ho guardato gli uomini se non come si dà un'occhiata ai passanti a un'uscita di stazione, per accertarsi bene che non sono loro quelli che aspettiamo. È per lui che la mia nutrice mi ha fasciata quando uscivo da mia madre; è per tenere i conti della sua casa di uomo ricco che ho imparato il calcolo sulla lavagna della scuola. Per pavesare la strada dove si sarebbe forse posato il piede di quello sconosciuto che avrebbe fatto di me la sua serva, ho tessuto lenzuola e stendardi d'oro. Per troppa. applicazione ho lasciato cadere qua e là sul morbido tessuto qualche goccia del mio sangue. La scelta è stata dei miei genitori: e anche se rapita da lui all'insaputa della mia famiglia avrei comunque obbedito al desiderio di mio padre e di mia madre dal momento che da loro vengono i nostri gusti, e che 1'uomo che noi amiamo è sempre quello che le nostre bisavole hanno sognato. Ho lasciato che sacrificasse 1'avvenire dei nostri figli alle sue ambizioni d'uomo: non ho nemmeno pianto quando mia figlia è morta per questo. Ho accettato di fondermi nel suo destino come un frutto in una bocca, per non dargli che una sensazione di dolcezza....Era dolce per me portargli su un grande vassoio di rame quel bicchiere d'acqua che avrebbe infuso in lui le sue riserve di freschezza. Era dolce per me, nella cucina che ardeva, preparare le pietanze che avrebbero soddisfatto la sua fame procurandogli nuovo sangue: Era dolce per me, greve del peso del seme umano, posarmi le mani sul ventre gonfio dove lievitavano i miei figli. La sera, al ritorno dalla caccia, mi buttavo con gioia contro il suo petto d'oro. Ma gli uomini non sono fatti per passare 1'intera vita a scaldarsi le mani alla fiamma di un unico focolare: eccolo partire verso nuove conquiste, lasciandomi dov'ero, come una grande casa vuota che echeggi del battito di un'inutile pendola".
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