Siamo alla fine di un anno definito più volte tragico, funesto, ma anche particolare e per qualche aspetto positivo per molte. Non sottovaluto i risvolti psicologici negativi che i comportamenti obbligati dalla pandemia ci hanno procurato, ma neppure mi abbandono allo sgomento, che colgo in alcune, causato dal timore di danni permanenti, specie per bambine/i e adolescenti.
Tuttavia non posso fare a meno di notare un fenomeno per me inquietante, forse l'isolamento sociale forzato sta producendo un inasprimento delle tendenze ampiamente diffuse a attaccare, in modo anche violento, chi non è della stessa opinione su questioni rilevanti.
Avevo già avvertito, circa sei mesi fa, che il timore diffuso in molte di noi di perdere di vista la specificità delle lotte delle donne a causa della partecipazione a battaglie comuni non solo generava conflitti tra femministe, che sarebbe il meno, visto che dagli inizi del femminismo ci sono diversi modi di intendere e cercare di risolvere le questioni, ma rischiava di indebolire quello che in molti casi potrebbe essere un terreno collettivo di lotte, pur nelle differenze contestuali di pratiche e teorie, lasciando campo libero alle interferenze di forze che presidiano fortemente il patriarcato, sottolineando e insistendo sulle divisioni tra femministe,
Le resistenze patriarcali non sanno più come combattere la marea di movimento di donne che sta avanzando in tutto il mondo, per questa ragione mi sembra un'inutile perdita di tempo dedicare energie e intelligenze a combattere tra femministe senza cercare possibili obiettivi comuni, che secondo me esistono, al di là di suddivisioni e suggestioni politiche e ideologiche.
Eppure, forse perché quest'anno ho dedicato più tempo agli interventi in rete, noto un'acrimonia tra donne che non mi sembrava di avere mai colto nei miei 52 anni ormai di femminismo -ho conosciuto il femminismo a 23 anni, ora ne ho 75-.
Nella mia esperienza di pratiche, analisi, teorizzazioni femministe ho assistito a contrapposizioni, proposte politiche contrastanti tra loro, critiche anche dure, tentativi di istituire normative femministe, alle quali d'altronde era facile sottrarsi, ma c'era una forma di rispetto, nei confronti delle donne che avevano opinioni diverse, il che permetteva un confronto comunque, un'attenzione a quanto veniva detto, scritto, e quindi una scelta di adesione o di critica.
Oggi mi sembra che sia ritenuto più vantaggioso attaccare altre donne e affermare -credo prima di tutto a se stesse- la propria purezza "femminista" piuttosto che interrogarsi sulle contraddizioni e i tormenti che gli aspetti molteplici della nostra individualità ci pongono continuamente dinanzi.
Forse questa sì che è una conseguenza della fragilità indotta dalla pandemia in molte di noi, un'insicurezza di sé, delle proprie convinzioni, temuta così fortemente da esorcizzarla rifiutando ogni possibile confronto con opinioni diverse dalle proprie.
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