domenica 10 marzo 2024

Parole maltrattate

In una  trasmissione alla BBC del 1937 Virginia Woolf analizza la lingua dal punto di vista dei suoi elementi fondamentali, le parole,  e osserva

....Le parole sono piene di echi, di ricordi, di associazioni è naturale. Sono tanti secoli che vano girando sulle labbra della gente, elle case, elle strade, nei campi. E una delle maggiori difficoltà dello scrivere, oggi,  è proprio che le parole hanno accumulato tanti significati, tanti ricordi, hanno contratto tanti matrimoni famosi. Sono le parole le più selvagge, le più libere le  più  irresponsabili, le meno insegnabili di tutte le cose.Naturalmente si possono acchiappare, scegliere e mettere nei dizionari in ordine alfabetico. ma le parole non vivono nei dizionari, vivono nella mente...e come vivono nella mente? In modo strano e diversificato,  proprio come vivono gli esseri umani, andando qua e là,  innamorandosi e accoppiandosi....In breve odiano qualsiasi cosa imprima loro un solo significato o le costringa a un solo comportamento: perché è loro natura cambiare. È forse questa la loro  più notevole peculiarità, il loro bisogno di cambiamento. Perché la verità che tentano di catturare è molteplice, ed esse la trasmettono con il loro essere molteplici, schizzando ora da una parte ora dall'altra. (L'incanto delle parole, Adriana Perrotta Rabissi, Dispensa dell'Associazione per una  Libera Università delle Donne, Milano, 2002)

Così quasi cento anni fa Woolf, da allora con lo sviluppo delle ICT (tecnologie dell'informazione e della comunicazione), lo scenario è molto cambiato, e il nostro mondo attuale è fatto prevalentemente di parole, i mezzi di comunicazione, le e gli operatori della comunicazione sono specializzati nel costruire la realtà attraverso le parole, senza bisogno di confronto con i fatti, cosi che purtroppo  sovente il falso ha il sopravvento sul vero.

Siamo poi all'inizio di un processo secondo il quale testi raccolti in rete e  aggregati da un intelligenza artificiale si presentano come verità inconfutabili alle e ai più sprovvedute e sprovveduti.

Oggi è indispensabile porre attenzione alle rappresentazioni culturali e sociali trasmesse dalle parole che usiamo e ascoltiamo per evitare di essere "parlate/i dalla lingua".  Di qui  i rischi di manipolazione delle parole, che non sono certo una novità, ma risultano più pericolosi a causa dell'importanza della lingua in ogni settore della nostra vita,  nella formazione della pubblica opinione e nella costruzione del consenso o del dissenso.

Le parole, quindi, a causa della loro polisemia e della costellazione di sensi, emozioni, ricordi delle quali sono portatrici, a causa del forte potere evocativo possono essere forzate a suggerire i significati che si vuole siano intesi.

Lo scrittore Edoardo Galeano in un articolo de il Manifesto, 18 aprile 2002, scrive:

...nel dizionario della macchina tradisci-parole si chiamano "contributi" le tangenti ricevute dai politici, e "pragmatismo" i tradimenti che commettono. Le "buone azioni" non sono nobili gesti del cuore ma quelle ben quotate in Borsa, e nella Borsa accadono le crisi dei valori. Dove si dice "la comunità internazionale esige" sostituire con "la dittatura finanziaria impone".....Come regola generale, le parole del potere non esprimono i suoi atti, ma li camuffano e in questo on c'è nulla di  nuovo ...

E ciascuna o° potrebbe continuare l'elenco.

Ho in mente tutto questo  nella sciagurata epoca che stiamo vivendo, in merito alla propaganda di guerra,  alla proclamazione di successi da parte di governi e istituzioni, all'occultamento di pensieri e azioni di persone non in linea con il discorso dominante, alle distorsioni strumentali di parole non conformi.

Condivido con Woolf  il dato della libertà selvaggia delle parole,  ma mi oppongo a due azioni  che considero mistificatorie: 

1) l'attenersi a un significato unico, sostenendolo con argomentazioni pratiche e teoriche, bollando come eretica qualunque altra interpretazione, costituendo in tal modo una norma, mi riferisco alle parole femminismo e alla parola rivoluzione.

2) usare le parole come armi per colpire persone, teorie e pratiche che non si condividono.

Per dare una determinazione storica a femminismo riporto il descrittore tratto dal primo thesaurus di genere in lingua italiana, Linguaggiodonna, 1991, redatto da me e da Maria Beatrice Perucci, costruito sulla parole contenute nella documentazione nazionale e internazionale  raccolta dal Centro studi storici sul movimento di liberazione della donna in Italia, ora consultabile anche in rete all'indirizzo https://www.fondazionebadaracco.it/wp-content/uploads/2021/05/Linguaggiodonna.pdf. 

Sono passati più di quarant'anni, molti eventi e processi si sono dispiegati,  da un certo punto di vista il termine è datato, ma le parole, mentre si arricchiscono di nuove valenze, non perdono del tutto il significato originale che le avvolge come un'aura. 

Inoltre a leggerla oggi funziona anche come documento storico.

Femminismo

Nota: con questo  termine si fa riferimento sia alla pratica che alla riflessione politica del Movimento delle donne

Descrittori  collegati: affidamento, autocosciennza,  autodeterminazione delle donne,  autonomia delle donne, contraddizione tra i sessi, differenza sessuale, femminismo diffuso, lesbismo, liberazione delle donne, maternità cosciente, movimento delle donne, politica, pratica dell'inconscio, rapporti tra donne, salario per il lavoro domestico, self-help, separatismo, sessismo, soggettività femminile.

Non si parlava di diritto d'aborto,  espressione riduttiva che era la parola chiave dei partiti, specie dl MLD, ma di maternità cosciente che implicava, oltre all'aborto, la libertà di scelta delle donne, l'autonomia, la contraccezione i consultori.


Rivoluzione:

Descrittori collegati: liberazione delle donne, lotta armata.

Il termine Lotta armata era presente nei documenti femministi di allora, perché era una realtà che si viveva negli anni Settanta, collegata a due altri descrittori: guerra, rivoluzione.

Oggi, riflettendo sull'esperienza di  duecentocinquanta anni dell'uso di questa parola, mi sento di associarla  all'espressione di un'anarchica femminista, Emma Goldman, 1869-1940 che nella sua Autobiografia scrive:

se non posso ballare, allora non è la mia rivoluzione.




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