Ogni cosa è illuminata
Tre mesi sono passati, molto intensi, sia per eventi personali che collettivi.
In occasione delle elezioni mi sono trovata a considerare questioni politiche in un'ottica più pratica che teorica, il che ha richiesto un'accelerazione, con il rischio di qualche semplificazione.Finalmente le elezioni ci sono state e hanno avuto il merito di mettere in luce la situazione di crisi delle forme e dei contenuti della politica tradizionale espressa fino ad oggi dai partiti, intenti ormai a presidiare gli ultimi scampoli di potere.
I livelli numerici di astensione, schede bianche, schede annullate, sommati -non per contenuti, ma per novità di situazione- ai risultati del Movimento 5Stelle hanno indicato che la maggioranza -più del 50% di italiane e italiani- non è più d'accordo con il sistema finora prevalente in Italia: metodi, contenuti, persone incluse.
Non conosco le analisi dei flussi, né le rilevazioni sociologiche a proposito, dei e delle partecipanti al voto, ma parlo per me, donna che ritiene necessario modificare l'attuale sistema della rappresentanza della nostra democrazia allargandolo, invece che restringerlo di fatto alle e agli esponenti di interessi consolidati, nel senso di una democrazia partecipativa.
Ma la democrazia partecipativa si costruisce tutt* insieme, partendo dal conflitto ineludibile in una società di persone autonome nell'esprimere la propria soggettività culturale, politica e materiale, persone quindi portatrici di interessi confliggenti tra loro, cerca il confronto fra gli interessi particolari contrapposti, alla ricerca di una loro composizione in vista di una convivenza abbastanza soddisfacente in uno stesso luogo (il paese) e nello stesso tempo. E non può essere un'etichetta vuota, da appiccicare ai programmi elettorali, una parola d'ordine per attirare consenso, in questo senso le persone sono più intelligenti di quanto pensino i nostri attuali politici e politiche, e soprattutto non ci cascano più.
Soprattutto, una democrazia a un livello migliore dell'attuale si costruisce in tempi medio-lunghi.
Non mi interessa neppure misurarmi con il falso problema: partiti sì, partiti no. I partiti, nati in Italia alla fine dell'Ottocento (!892 Partito socialista italiano) si sono costituiti proprio per allargare la partecipazione politica delle masse fino ad allora escluse dalla possibilità di incidere sull'organizzazione sociale, economica e politica del paese, dominate e sfruttate dai notabili locali e nazionali, che piegavano le classi disagiate ai propri interessi, detenendo soldi e poteri. I partiti hanno portato avanti un'opera meritoria di educazione, in un sistema di massimo analfabetismo, quale quello italiano, hanno aiutato a costruire lotte, hanno collegato realtà frammentate, sono stati un veicolo di democrazia.
Hanno dato voce agli esclusi, escludendo a loro volta le donne, questo il peccato originale, dal quale parte ogni male secondo me, e che comporta conseguenze anche oggi.
E' vero che dal 1946 noi donne votiamo, ma il nostro voto serve a confermare un ordine simbolico, sociale e culturale patriarcale, che prevede ruoli sociali, compiti e funzioni definite in base all'appartenenza sessuale e ai modelli di uomo e donna, e delle loro relazioni, previste dalla società patriarcale, e capitalistica, che non viene scalfita, malgrado la modernizzazione dei costumi; modernizzazione spesso scambiata erroneamente per sovvertimento dei fondamenti ai quali si ispira.
Ma da quando i partiti si sono irrigiditi in organizzazioni volte ad assicurare il potere e i privilegi dei gruppi dirigenti, in accordo con i poteri forti (economici e finanziari) nazionali e internazionali, hanno smesso di costituire un elemento trainante della trasformazione dello stato di cose presenti, limitandosi a richiedere consenso in vista delle scadenze elettorali, per poi procedere come prima.
Questo aspetto coinvolge tutti gli attuali partiti, di destra, sinistra, centro; non so, ma non vorrei fosse così anche per le nuove formazioni, appena affacciatesi alla ribalta politica italiana.
Anche i punti qualificanti dei programmi hanno perso vigore e senso, tanto che li si può trovare, più o meno camuffati, in tutte le proposte delle varie formazioni politiche (mi limito a quelle di natura democratica).
E' dalle iniziative esterne ai partiti, anche se poi questi ultimi a volte le fanno proprie, dai gruppi vari, dai movimenti che negli ultimi anni sono nate le proposte più innovative e in grado di mobilitare molte e molti, e qui torno alla vexata quaestio della partecipazione delle donne alla vita politica, intensa nelle fasi di lotta e organizzazione delle stesse, e minoritaria, o meglio marginalizzata nel momento dell'accesso ai luoghi di potere.
In queste elezioni c'è stat tutta una corsa, da parte delle formazioni che si sono presentate alle elezioni, a esibire il numero di donne in lista, tutti i partiti si sono rubati alternativamente il titolo di partito con un numero maggiore di donne; ma non è questo il punto.
Non siamo noi donne un gruppo sociale, non abbiamo gli stessi interessi, ci sono quelle alle quali il patriarcato va bene così com'è, perché assicura loro vantaggi e allora al momento dell'azione e delle decisioni condividono metodi e contenuti con gli uomini delle loro formazioni.
Ci sono quelle, e per fortuna sempre più quelli, ai quali non va bene il sistema patriarcale-capitalistico ma non riescono a uscire da una dimensione di nicchia e a far sentire fino in fondo la propria voce, per la sordità a questi temi delle formazioni in campo.
Ma dopo queste elezioni il sistema imbalsamato che abbiamo avuto fino a oggi è saltato, si sono aperte nuove prospettive
Ora si fa sul serio
Io adesso parlo delle situazioni di analisi, teorizzazioni e conflitto che conosco, sapendo che ce ne sono molte, anche espressione di soggettività e sensibilità politiche diverse dalla mia, che vanno indicate e seguite, perché destinate a mobilitare la vita di noi tutt* nei prossimi tempi.
Nei tre mesi di preparazione alle elezioni ho contribuito alla stesura del Manifesto degli obiettivi immediati, scritto da Iole Natoli, in collaborazione con me, Teresa Pezzi e Ilaria Tarabelli (http://agendadonneitalia.blogspot.it/), rivolto a candidate e candidati, d'accordo sulla necessità di smantellare il sistema patriarcale-capitalistico come un sistema irriformabile, violento, ingiusto nei confronti di molte e molti, a favore di pochi e poche privilegiati/e, rispetto alla totalità degli abitanti del pianeta.
Il Manifesto in questione contiene un primo pacchetto di proposte dettate dalla considerazione che i problemi di convivenza riguardano allo stesso modo donne e uomini, cancellando finalmente l'idea che le donne siano interessate e competenti in certe tematiche relative alla cura del vivere e al mantenimento di relazioni civili tra le persone (ambiente, natura, accudimento di persone e animali, e manutenzione di cose) e gli uomini in altre: le vicende politiche nazionali e generali che riguardano la collettività.
Sono attenta a quanto si muove nell'ambito delle formulazioni riguardanti le tematiche dei "beni comuni", sia dal punto di vista giuridico, che sociale, guardo con simpatia a formazioni quali ALBA e "Cambiare si può", per le analisi che avanzano, ma sono sicura che se non si approprieranno della prospettiva di genere -non tanto dal punto di vista del numero di donne da presentare nei momenti organizzativi, oppure del fatto di accettare qualche obiettivo inerente il lavoro femminile, la partecipazione alla vita pubblica, la lotta al femminicidio, da introdurre nelle loro proposte come fiori all'occhiello- ma nel senso affrontare tutte le problematiche prese in esame: sociali, politiche culturali, scientifiche..... dal punto di vista delle relazioni di genere, neanche queste formazioni e altre analoghe riusciranno a contrastare la progressiva distruzione di ogni possibilità di convivenza pacifica e democratica.
Condivido in larga parte e specialmente sull'intento inziale: adesso si fa sul serio. E' quello cjhe ci vuole. Sto scrivendo qualcosa anche io, dobbiamo intrecciare undialogo a diversi livelli.
RispondiEliminaMi interesserebbe conoscere la parte che condividi meno!
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