Ora che si entra nel vivo della campagna elettorale per le elezioni europee di maggio, si è fatta concreta la possibilità che vi partecipi una lista che si chiama L'altra Europa con Tsipras.
Secondo me ci sono aspetti interessanti e altri più discutibili.
Comincio dagli elementi per me positivi, prima di tutto dalla dimensione realmente europea che connota questa lista, poiché in presenza di una crisi culturale-sociale-economica che coinvolge più o meno gravemente tutta l'Europa, ci si fa rappresentare da una figura greca, e la Grecia è la nazione che ha più risentito delle conseguenze disastrose determinate dalle politiche europee ed è, al contempo, la base storico-culturale dell'Europa.
Immagino già le voci di avversarie e avversari politici che ricorreranno all'identitarismo più rozzo, tanto in voga oggi, chiedendo quali interessi potrà nutrire un politico greco per noi italiani/e.
Sarà facile rispondere che la prospettiva di queste elezioni non è nazionale, si intende infatti dar vita a un parlamento europeo che si prenda cura dei cittadini e delle cittadine europee, e non delle banche, delle multinazionali e dei ceti politici nazionali.
Questo significa fondare un'altra Europa, perché questa non ci piace e distrugge persone, ambiente, risorse.
Le candidature espresse dalla lista sono secondo me apprezzabili, ci sono persone di diversa età, esperienza, cultura, che si sono impegnate nella lotta per l'acqua bene pubblico, per i beni comuni, per la riconversione ecologica del sistema di produzione e circolazione delle merci, contro ogni discriminazione e esclusione, contro l'impiego delle armi per risolvere i conflitti, contro le speculazioni finanziarie, edilizie, e delle grandi opere devastanti suolo e territorio, se non inutili.
I temi enunciati sono quindi quelli del lavoro, dei diritti sociali, della democrazia, della giustizia sociale, della lotta al neoliberalismo, all'austerity, ai populismi di ogni colore, alla mafia e a ogni forma di corruzione.
Forse questa è una delle ultime occasioni (qualcuno sostiene l'ultima) per contrastare il piano mondiale di comando sulle persone, sulle piante, sugli animali, sugli oggetti, portato avanti da decenni dai cosiddetti poteri forti nella guerra condotta dalle multinazionali, dalle banche, dai centri di potere economico-finanziario contro popolazioni di tutti i continenti.
Basti pensare agli accordi commerciali transatlantici che si stanno preparando tra USA e Europa, secondo i quali le corporations potranno intentare cause e chiedere indennizzi per azioni che intacchino i loro profitti, sia nei confronti di singoli Stati, che di gruppi, di singole persone (rifiutare gli OGM, scioperare, adottare leggi e provvedimenti che le ostacolino...).
Questi processi non si possono più combattere a livello nazionale, gli Stati sono e saranno sempre più fragili e soccombenti ai rapporti di forza in atto, solo a livello di Europa contrastare, e con grande fatica..
Detto questo, sono convinta che molto ci sia da fare per modificare l'ottica del programma esposto nel Manifesto in dieci punti.
Non si tratta di aggiungere temi, ma di riorientarne la prospettiva, alla luce della relazione donne uomini, in tutte le sue sfaccettature economiche, culturali, sociali, affettive.
Io so per certo che alcune/i dei/delle estensori del programma i hanno ben chiari i termini del problema, so anche che la mancanza di accenno ai temi in questione nel Manifesto-programma della lista Tsipras non è dovuta a trascuratezza, ma a una scelta precisa, perché non appena vi si accenna si nota un clima di insofferenza, sia tra gli uomini che tra le donne, si temono divisioni, d'altronde questi temi sono veramente troppo "sovversivi" dell'attuale ordine culturale, politico, sociale e questo spaventa molt*, ma non possono essere elusi e soprattutto non si risolvono con una semplice operazione di parità tra donne e uomini nella composizione dei vari organismi, oppure in un miglioramento delle politiche di welfare, abbiamo sperimentato nel corso del Novecento modelli di welfare e di diritti più o meno includenti che non hanno minimamente scalfito la tradizionale divisione del lavoro e codificazione dei ruoli imposta dal sistema capitalistico-patriarcale.
Una politica paritaria improntata al numero di donne promosse, accolte, cooptate in un universo simbolico e materiale ancora tutto declinato al maschile nei termini di valori, atteggiamenti e comportamenti non smuove di un millimetro la relazione tra donne e uomini in ordine alle attese, speranze, fantasie, immagini interiorizzate di maschile e femminile, compiti e funzioni regolate dalla codificazione dei ruoli sessuali. Semplicemente le aggiorna alle trasformazioni dei costumi in atto nella società.
Spero vivamente allora che si dia vita ai previsti "tavoli tematici" per affrontare le questioni più complesse rispetto ai dieci punti del Manifesto, che per ora sono di natura prevalentemente economica.
Penso infatti che non si possa parlare di economia, di riconversione della produzione, di ecologia, senza tirare in campo il sistema di riproduzione che sostiene tutta la produzione di merci e beni, senza prendere in considerazione la relazione tra donne e uomini in tutti gli aspetti della vita collettiva e individuale.
Anche questa mi pare una delle ultime occasioni per evitare la sottrazione sistematica di molte donne alle battaglie politico-sociali dei movimenti e delle realtà di sinistra.
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