Una valigia di carbone
Valigia di carbone, 3 giorni senza uscire di casa, una poesia, che ricordo si concludeva con un “viva Adriana”.
Tre espressioni che hanno accompagnato, da quando ne ho memoria, i racconti di mia nonna e mia madre a proposito della mia nascita, insieme all’osservazione che raggiungevo a fatica due kili di peso, ma ero ugualmente molto carina, in quanto neonata, mentre mia sorella, che sarebbe nata un anno e mezzo dopo, era invece brutta.
Non so molto altro, mia madre è morta quando avevo vent'anni, non ero ancora interessata agli eventi della gravidanza, del parto, e dell’ allattamento e non ho fatto in tempo a rivolgerle domande in proposito quando ne avrei avuto bisogno. Mi accorgo con stupore, ora che ne scrivo, che non mi sono neanche sognata di chiedere invece notizie a mio padre, morto solo pochi anni fa.
Del resto neanche lui ha mai accennato alla nascita mia o di mia sorella, come se la cosa non l’avesse riguardato per nulla, neanche al tempo delle mie due gravidanze, o dei miei parti.
La divisione dei compiti e la distinzione dei ruoli hanno operato nel profondo della mia psiche, oltre che della sua.
Eppure ricordo che fino all’età di sette /otto anni mi compiacevo di dire a chiunque che mio papà era stato così contento della mia venuta al mondo che non era uscito di casa per tre giorni di seguito.
Questo ritornello, che mi riempiva d’orgoglio quale segno di elezione, mi si chiarì nel suo significato quando appresi, più tardi, dell’abitudine paterna di stare fuori casa la sera, gioco e forse donne (? ) tanto da costringere mia madre a passare lunghe ore seduta sugli scalini davanti alla porta, per la paura di stare in casa da sola, salvo rientrare precipitosamente al suono dell’ascensore.
La valigia piena di carbone, per tenermi al caldo in un inverno molto freddo e la poesia erano regali del mio padrino di battesimo, al quale ho voluto molto bene, che è stato un’assidua presenza nella nostra vita familiare, fino al momento in cui si è sposato, abbastanza avanti negli anni.
Sono nata il 3 febbraio di sabato, verso le dieci di mattina. Nei primi 13 giorni di febbraio 1945 a Milano ci sono stati gli ultimi attacchi aerei, 14; Milano era allo stremo, al freddo e alla fame, con il Comune che organizza mense collettive.
In questo stesso mese Stalin e Roosevelt si incontravano a Yalta, nella storica conferenza, per decidere l’assetto dell’Europa nel dopoguerra, il nuovo ordine mondiale che avrebbe avuto tanta importanza per donne e uomini, già provati da anni di guerra e dittature.
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