Diritti, una parola abusata per depotenziarne la politicità
Che i Governi propinino una serie di frottole per rabbonire le cittadinanze estenuate, disilluse, frustrate.è cosa comune.
Che le frottole siano facilmente smentibili, ma richiedano almeno curiosità e ricerca, invece di lamentele e recriminazioni, è altrettanto comune.
Ma che si strumentalizzino concetti fondamentali della coesistenza fra le persone -i diritti- puntando sull'ignoranza e sull'indolenza di molte e molti è criminale.
È senso comune che affermare diritti, anche per legge, non comporta che le persone alle quali questi diritti sono rivolti possano accedervi per un infinità di ragioni, a partire dalle condizioni materiali di vita.
Se finora si è parlato di diritto di emigrare da parte di chi rischia la vita, la sicurezza fisica, economica, sociale, religiosa...in paesi e situazioni estreme, da qualche tempo il nostro governo stravolge l'espressione, per sostenere la propria irresponsabile e crudele politica nei confronti di migranti, a Diritto a non emigrare!
Non val neppure la pena analizzare l'infelice espressione dal punto di vista logico, filosofico, storico, antropologico, sociale...
Denuncia l'arroganza di chi ritiene tutti cittadini e tutte le cittadine pari al proprio livello intellettivo-conoscitivo.
Denuncia l'impotenza di mettere mano in modo minimamente civile e responsabile a un emergenza di dolore e sofferenza per migliaia di persone.
Un'ultima questione è la separazione che è attuata nel discorso pubblico tra diritti civili e diritti sociali, di questi ultimi non si parla, si enfatizzano i primi, con la massima attenzione a porre i limiti opportuni.
La separazione di tali diritti è stata effettuata dai partiti socialdemocratici occidentali. In Italia dal PD.
RispondiEliminaproprio così
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