Mi rendo conto che siamo in largo anticipo, ma fra poco si tornerà a parlare dell' 8 marzo.
Tra l'altro mi risulta che la ministra dell'Interno abbia dichiarato che se fosse per lei l'abolirebbe.
Non c'è più bisogno? Parità ottenuta?
La ricorrenza è divenuta popolare negli anni Settanta, grazie al femminismo; precedentemente era una "giornata" celebrata dalle donne dell’Udi, e quindi quasi esclusivamente da appartenenti all'area di PSI-PCI, che l’avevano voluta introdurre in Italia nel 1946, in nome delle battaglie per i diritti civili, politici e sociali, dopo la dittatura fascista.
E’ stata -e è tuttora- poco amata da molte femministe, sia perché si osserva che molti uomini si mostrano leziosamente gentili e premurosi in questo giorno e prepotenti nel resto dell’anno; sia perché mantiene una prospettiva di emancipazionismo acritico, nel senso di accettare di essere cooptate in un mondo a impronta maschile e di portarvi i propri valori, ingentilendo costumi e sentimenti; sia perché, soprattutto negli ultimi trent'anni, ha assunto la caratteristica di modernizzazione dei costumi, ad esempio con l'introduzione di cene di sole donne con contorno di spogliarelli pubblici di uomini, divertimento del tutto mimetico di forme e modalità di socializzazione maschili, conseguenza dell’opera di espropriazione di contenuti e forme di lotta esercitata dal conformismo di massa che si è andato affermando a partire dagli anni Ottanta in Italia, a causa della caduta di tensione generale verso gli aspetti conflittuali e libertari che hanno animato la società e la cultura degli anni precedenti.
Il progetto del femminismo è invece rivoltare dalle radici il mondo delle relazioni sociali, politiche, familiari, mettendo sotto critica atteggiamenti e comportamenti, di uomini come di donne.
Quindi non piace l’aspetto insistito di festa, piuttosto che di lotta, con il corredo di strumentalizzazione consumistica di mimose, fiori che in Italia divennero il simbolo di questa giornata proprio perché crescevano spontanei nei dintorni di Roma.
Un'altra particolarità dell'8 marzo è la continua ripetizione, anche da parete di giornaliste/i competenti, della frottola in merito all’ episodio che l’avrebbe ispirata: l’incendio di una fabbrica a mano d’opera femminile (con cifre di vittime varianti da 29 a 129) scoppiato a New York, piuttosto che a Boston o Chicago.
Non che episodi del genere non ce ne siano stai, allora come oggi, specie nei paesi dove manca qualunque attenzione alla vita dei lavoratori e delle lavoratrici, ma l'istituzione della giornata è opera di
Clara Zetkin, al termine di un Congresso internazionale di donne, nel 1910.
Ormai non si contano i libri di ricostruzione storica, perché continuare a propalare da giornali e televisioni questa balla? Perché così fa effetto? Spettacolarizzazione della politica?
Che dire oggi di questa ricorrenza, nel panorama desolante attuale, forse ce ne è ancora bisogno.
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