Sono stata una credente convinta, a quindici anni insegnavo catechismo alle bambine del mio oratorio, sono cresciuta in una famiglia nostalgica del fascismo e tradizionalista nei costumi e nelle relazioni, ma con una madre che cercava di motivare fortemente le sue figlie all'emancipazione economica, attraverso lo studio, anche e soprattutto nei confronti di un marito, sempre supposto.
Fu una battaglia costante per lei, condotta con determinazione contro mio padre che avrebbe voluto farci diventare segretarie d'azienda. Un' emancipazione che a lei era mancata, pur avendo un padre "socialista", al quale rimproverava una maggiore 'attenzione al figlio maschio, che poi sarebbe entrato nella milizia fascista.
La storia imparata al liceo, la filosofia, i classici greci e latini mi aprirono orizzonti sconosciuti nel mio ambiente familiare, nel quale mio padre si vantava di non aver mai letto un libro intero in vita sua, gli unici libri presenti in casa erano la collezione di mia madre dei libri rosa di Delly, che comunque ho letto anch' io, insieme a quelli che prendevo numerosi, divorandoli, nelle biblioteche scolastiche.
Le spese per i libri non erano contemplate nel ménage familiare; a nove anni, al tempo della cresima, chiesi come regalo alla mia madrina ”I promessi sposi.”
Mi regalò il romanzo in edizione Salani, con la copertina di cartone rosso, lo lessi tutto d'un fiato e lo rilessi, era l'unico "classico" che allora possedevo.
Quando andai in IV ginnasio la professoressa di Italiano, Latino, Greco, Storia e Geografia (allora l'ordinamento scolastico prevedeva questo) chiese se avessimo in casa un'edizione dei Promessi sposi, io orgogliosamente mostrai la mia e fui irrisa da lei perché era un'edizione di romanzetti rosa, imparai da allora a riconoscere il sadismo di certi insegnanti e la loro impreparazione pedagogica.
All'Università mi occupai da subito di Storia, gli studi continuarono ad alimentare la mia cultura iniziale così modesta, e mi portarono a posizioni e a sensibilità politiche e sociali ben lontane dai valori coltivati in famiglia, ma fu il femminismo che diede una svolta radicale, perché la sua critica rovesciava il presupposto su cui si fondava l'ordine simbolico dominante, la "naturalità" dei ruoli sociali basati sull'appartenenza di sesso.
Questo presupposto, dal quale conseguono l'organizzazione delle famiglie, del mondo produttivo, della società e degli Stati, non era mai stato messo in dubbio dall'emancipazionismo, tanto meno dalla religione, che poneva l'accento sulla complementarità dei due ruoli.
Fino dalla adolescenza provai un’insofferenza nei confronti del mio destino sociale tradizionale,.
Avevo davanti agli occhi esempi di matrimoni riusciti e famigliole apparentemente felici, eppure mi ero convinta che con il matrimonio sarebbe finita "la mia vita", che fantasticavo libera e avventurosa, allora ricorsi a uno stratagemma per conciliare dentro di me il mio "sogno d'amore", interiorizzato come raggiungimento dell'obiettivo primario con una decisione anomala rispetto alle attese sociali dalle quali ero circondata.
Immaginavo che il mio grande amore morisse in un incidente, e che, in seguito all'evento drammatico, avrei maturato la decisione di restare fedele alla sua memoria, rinunciando al matrimonio. Un po' di enfasi maturata durante le letture romantiche casalinghe.
In un solo colpo mi liberavo di una "gabbia" verso la quale mi sentivo destinata dalla mia formazione familiare-religiosa, ma mi mettevo in regola mi mettevo a posto la coscienza nei confronti della dimensione di "vera donna" disposta a privilegiare l'amore rispetto alla realizzazione personale.
In questo modo dalla V elementare, anno nel quale conobbi a scuola la disciplina della Chimica, fino alla maturità liceale, dichiarai che avrei studiato all’università Chimica industriale, non farmaceutica come mi suggerivano le persone che incontravo, e avrei diretto una industria nel deserto (!)
A 18 anni mi iscrissi a Lettere Moderne, a vent’anni mi innamorai -colpo di fulmine- di un mio compagno di Università, con il quale sto ancora, malgrado qualche periodo problematico.
Tre furono gli eventi fondamentali per me nel giro di un paio d'anni: la morte improvvisa di mia madre, l'innamoramento e l'impegno politico sociale, che fecero cambiare completamente la direzione del mio futuro, provocando rotture drastiche con il percorso personale-professionale che mi ero prefigurata fino a quel momento. Come per incanto si sciolsero le contraddizioni che mi avevano agitato fino ai vent'anni, mi sposai in chiesa, un'ultima concessione al mio sentimento religioso, velato sino ad allora da una sfumatura di misticismo, forse per fedeltà al dettato materno dato che mia madre era morta da poco. Qualche tempo dopo avrei perso la fede in maniera molto tranquilla, da un giorno all'altro mi parve tutto una bella favola (la struttura della chiesa l'avevo già messa in discussione da anni), non ho più creduto nella divinità di Gesù, mio eroe, fratello maggiore fin da quando ero bambina, al quale di notte mi affidavo fiduciosa.; mi è crollato tutto, anche se ho continuato per decenni a sognarmi il Giudizio Universale. Ho abbandonato l'Istituto di Storia dell'Università, frequentato fin dal secondo anno, con la prospettiva di intraprendere la carriera universitaria, situazione che mi aveva anche procurato un piccolo stipendio mensile per un lavoro di schedatura di una rivista storica nell'ambito del CNR. Erano sorte divergenze politiche con il mio professore di riferimento e il mio indirizzo di studi: Storia Medievale, alla sua richiesta di continuare opposi un netto rifiuto. Di lì a poco scoppiò dentro e fuori di me il femminismo a sovvertire gli ultimi residui delle mie convinzioni e credenze e a rimescolare le mie carte.
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