Mentre si moltiplicano i Collettivi e si sperimentano nuovi modi di stare tra donne, non solo per riflessione e elaborazione ma anche per divertimento, si registra un po’ di stanchezza nei gruppi che hanno iniziato per primi l’autocoscienza, alcune avvertono l’esigenza di indagare l’inconscio, nascono nel 1974 due gruppi dedicati a questa pratica.
La stessa funzione di via Cherubini si modifica; da punto di riferimento e luogo di incontro tra donne a sede di un unico collettivo che diventa nel 1974 di Collettivo di Via Cherubini.
A Milano si contano 11 nuovi gruppi che nel corso dell’anno si dotano di nome e sede, mentre non è possibile valutare il numero delle aggregazioni informali che funzionano sul passa parola.
Quello che a buona ragione si può ora chiamarsi Movimento delle donne si diffonde ad altre città lombarde, Brescia, Sondrio e Pavia nel biennio ’75-76, mentre a Bergamo un Collettivo di studenti, insegnanti e giovani disoccupate è attivo già dal 1971.
In queste città frequenti sono i contatti con il capoluogo, ma il Movimento si sviluppa autonomamente, con caratteristiche proprie dovute ai contesti specifici, che costituiscono un panorama interessante rispetto alla centralità ingombrante di Milano.
Le quattro città presentano sorprendenti analogie tra loro nell’arco di tempo nel quale il movimento è stato più attivo, sia rispetto al tipo di intervento e di pratiche politiche, che rispetto alle alleanze tra gruppi di donne di diverso orientamento culturale e politico e diversa collocazione nelle istituzioni.
Quasi tutti i gruppi affiancano all’autocoscienza qualche forma di intervento nel sociale, alleandosi con organizzazioni della nuova sinistra e associazioni femminili tradizionali, ad esempio con l'Udi, molto forte a Pavia e presente in tutte le manifestazioni e iniziative delle donne.
La rete dei collettivi femministi di Bergamo, Brescia, Pavia e Sondrio è immersa in un fluido di iniziative e aggregazioni su progetti che mutano nel tempo e nello spazio.
Notizie in proposito sono contenute nella seconda parte del libro Dal Movimento femminista al femminismo diffuso. Ricerca e documentazione nell’area lombarda, del Centro studi storici sul movimento di liberazione della donna in Italia, Milano, Franco Angeli, 1983.
Purtroppo, la riedizione del libro del 2004, sempre Franco Angeli, quella più conosciuta, è stata privata di questa interessante seconda parte, condotta con accuratezza da ricercatrici e studiose del posto, Rita Gay e Barbara Pezzini per Bergamo, Maria Antonietta Confalonieri e Marta Ghezzi per Pavia, Anna Maria Battisti per Sondrio, Emma Scaramuzza per Brescia.
Il quadro lombardo avrebbe cosi acquisito maggiore visibilità nella memoria collettiva, e la varietà e dinamicità del Movimento avrebbero mitigato l’idea di preminenza assoluta delle pratiche e delle elaborazioni del femminismo milanesi in questa area.
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