giovedì 29 dicembre 2011

Violenza della passione, o solo violenza?


Il concetto di passione, nella realtà della vita quotidiana, quando chiama in causa -passivamente- le donne è molto usato nella cronaca nera dei femminicidi e delle aggressioni da parte di uomini "appassionati", così da indurre un ridimensionamento del crimine, compiuto in nome di un sentimento che non perdona.
La passione però è anche quella che ha spinto alla rovina non poche delle figure letterarie che ci più ci commuovono.
Sempre  nella dimensione letteraria, però, l'abbinamento donne-passione richiama lo stereotipo delle scrittrici che si occupano prevalentemente di sentimenti e di rapporti d'amore nelle loro storie, realtà quest'ultima alternativamente incoraggiata dai critici (Croce prima di tutti) o biasimata e considerata minore nell'ambito dell'istituzione letteraria.
Ma il binomio  rimanda ad alcune scritture che proprio per essersi occupate di questi temi in modo del tutto divergente dal sentire comune, possono essere definite scritture antipatiche. 
Antipatiche perché disattendono le aspettative create dall'accoppiata "scrittrici e sentimenti". Sono grandi scrittrici quelle a cui penso: Magda Szabò, Agotha Kristof e Elfriede Jelinek, allora la connessione tra le passioni e i sentimenti, che queste autrici narrano nei loro romanzi, e la scrittura aspra e per nulla compiacente che adottano nel racconto, arriva in qualche caso a provocare un senso di fastidio. Un fastidio per nulla in contrasto, però, con il fascino della loro voce, che afferra dall'inizio alla fine della lettura, lasciando un po' stremate/i e quasi orfane/i di personaggi e emozioni.
Sarà che tutte e tre le autrici, Jelinek, la più giovane è ancora vivente, hanno vissuto una vita carica di sofferenze per ragioni personali e politiche, sarà che sono nate nell'area e nella cultura austroungarica e, in antitesi con il mito dell'Austria felix e democratica (mentre l'adesione al nazismo fu molto sentita, anche se per ragioni politiche si preferì nel dopoguerra sorvolare e sottolineare l'aggressione da parte della Germania), hanno conosciuto fin dall'infanzia situazioni sociali e familiari fortemente reazionarie e repressive delle libertà.
Non ricordo più quale scrittore o scrittrice ha affermato che l'Austria è il paese in cui si picchiano di più i bambini per educarli. Sarà per questi e altri motivi che i loro romanzi rovesciano complemento l'immagine "romantica" del binomio donne-passione, mettendo a nudo la realtà di ipocrisie e violenza sottesa ai rapporti cosiddetti d'amore, sociali e prima di tutto familiari: tra genitori, spesso madri e figli, mariti e mogli, amici e conoscenti.
Certi uomini combattono per mantenere vivi i diritti patriarcali, certe donne, scrittrici ma non solo, svelano la violenza a fondamento di certe strutture, violenza che si cela dietro  il paravento delle passioni e dell'amore.

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