Sono tornata a Berlino da un giorno, con la prospettiva di rimanervi un mese grazie alla generosità di un amico italiano, che ha comprato casa in Charlottenburg qualche anno fa e me l'ha messa a disposizione.
Ero stata a Berlino 8 anni fa, con Paolo e con la nostra coppia di amici Silvio e Raffaella, che c'erano già stati un paio di volte, sia prima che dopo la caduta del muro.
Sono stati giorni belli e intensi, Raffaella stava già abbastanza male, girava con la stampella ma non si risparmiava, abbiamo tra l'altro scoperto che la sua stampella ci assicurava di saltare immediatamente ogni fila, ci faceva ammettere ad ascensori quasi invisibili, il tutto con grande sollecitazione e richiamo da parte degli addetti e delle addette ai monumenti; all'inizio rimanevamo sorpresi da tanta disponibilità all'aiuto nei confronti di una persona con difficoltà di movimento, venendo da una realtà ben diversa, quale quella italiana.
Abbiamo girato, abbiamo visitato i musei più importanti, siamo rimasti impressionati di fronte al numero delle piste ciclabili e soprattutto alla velocità dei/delle ciclisti/e che le percorrono, avendo la precedenza, senza minimamente rallentare nel caso tu invada la loro corsia, che ti affianca sul marciapiede.
La città mi era rimasta nel cuore e ora ho anche la possibilità di viverla, almeno un po', dall'interno, abitando per un periodo in una casa invece che in albergo, misurandomi con una quotidianità che cancella la dimensione di turista che non amo, ma che mio malgrado vivo negli altri viaggi.
Fa caldo, tutti vanno in giro in abiti estivi, sandali da mare, le ragazze quasi tutte in pantaloncini, metropolitana affollata, di persone di tutte le età, ma prima di tutto il verde lussureggiante dei moltissimi parchi, delle rive dello Spree e dei numerosi canali, rive cariche di salici e di altri alberi che sono al massimo del loro splendore, per una persona che viene da Milano, città veramente infelice con i suoi piccoli e modesti tratti di verde, la sensazione è di incredulità mista a meraviglia.
Dal momento che non conosco altra lingua eccetto l'italiano, mi capita di iniziare una frase in inglese, proseguirla in francese e concluderla in italiano, eppure capiscono e mi rispondono, di solito in inglese, io sorrido e cerco di comprendere dai gesti, dall'intonazione e dall'espressione del viso, e poi chiedo a Paolo che cosa hanno detto.
In casa non ci sono né ferro da stiro né ago e filo; io abitualmente non stiro, e all'occorrenza sostituisco i bottoni con mezzi di fortuna (spille da balia), ma non viaggio mai senza portare con me un sacchettino con ago, filo, ditale e forbicina.
Potenza degli stereotipi interiorizzati!
Nessun commento:
Posta un commento