Scorze di Adriana Perrotta Rabissi, un libro composto da miei brevi racconti e mie letture critiche di scrittrici amate. Alcuni romanzi mi hanno interpellato emotivamente e affettivamente, mi sono impossessata di temi, sentimenti, emozioni espressi dalle autrici, le ho filtrate attraverso la mia esperienza di vita e pensiero, e le ho restituite ai racconti
martedì 18 giugno 2013
Berlino 8
Oggi pellegrinaggio laico, la mattina, dopo una sosta al Berliner Ensemble, visita al cimitero Dorotheenstadischer Friedhof, allestito in un giardino ricco di alberi, molte lapidi, qualche monumento. Il cimitero ha un muro in comune con l’altrettanto bello cimitero dei francesi (costruito per i discendenti degli Ugonotti, riparati a Berlino per sfuggire alle persecuzioni della chiesa cattolica).
Abbiamo sostato davanti alle tombe, un po’ monumentali, ma discrete, di Hegel e Fichte, collocate l’una accanto all’altra, con rispettive consorti. Un po’ più a lungo ci siamo fermati davanti a quelle di Brecht e di sua moglie, molto belle, costituite da due piccole rocce, con impressi i loro nomi, poste in mezzo a due aiuole di fiori.
Altro momento di commozione abbiamo provato davanti alla lapide squadrata e bianca (la tomba non è ancora pronta, ci è stato detto) di Christa Wolf, sul bordo superiore sono stati appoggiati piccoli oggetti, io ho messo una piccola penna viola, alla quale sono molto affezionata, che porto sempre con me, Paolo, a sua volta, ha appoggiato sul bordo della roccia di Brecht una sua penna.
E poi di corsa all’ultimo concerto dell’anno delle 13 alla Philharmonie, gratis.
Mozart, Ives e Schumann, tre pezzi per piano e violino. Sono bravissimi i musicisti che si alternano in questi concerti, tenuti nell’atrio della sala, moltissime le persone, sedute per terra, sulle scale, mamme con bambini che stanno buoni a ascoltare, persone anziane, molte ragazze e ragazzi, tutt* rapit* dalle emozioni suscitate dagli/dalle artist*.
Attraversato il Tiegarten ci troviamo di fronte a un monumento ricordo, che non so definire, abbastanza orrendo ai miei occhi: è il monumento al soldato sovietico caduto nella liberazione di Berlino. E’ una costruzione enorme, con in cima una statua a sua volta enorme di soldato, lo spiazzo, anche questo grandissimo, sul quale si erge il monumento è delimitato da una coppia di carrarmati sovietici e una coppia di cannoni.
Molto più discreto e commovente il monumento a ricordo dei Sinti e Rom sterminati dai nazisti.
Questo è veramente molto bello: pannelli di vetro, accostati l’uno all’altro, sui quali si leggono le fasi di persecuzione degli zingari, anno per anno, racchiudono un angolo di giardino, con una fontana centrale, posta a livello del terreno, sulla quale ogni giorno viene depositato un fiore fresco.
La porta di Brandeburgo è presidiata da molta polizia, così come Unter den Linden, domani arriva Obama, davanti alla porta, dalla parte del Tiegarten , qualche decina di persone, di tutte le età manifestano con cartelli per la liberazione di un prigioniero politico: Leonard Peltier, nativo americano, arrestato dopo uno scontro in una riserva indiana, nel quale morirono due agenti del FBI.
Peltier, proclamatosi sempre innocente, è in prigione da quasi quarant’anni, è malato, i manifestanti chiedono a Obama di concedergli la grazia e perdonarlo, essendo questa l’unica possibilità perché esca di prigione.
Ieri, in Friederichstrasse abbiamo incontrato un’altra manifestazione, questa volta più numerosa, circa 2000 persone della Linke sfilavano con bandiere rosse, striscioni, cartelli contro il G8, il capitalismo, il razzismo, l'omofobia…
Tutt* avevano un cartoncino rosso, o attaccato ai vestiti, o sollevato in alto e sventolato, un cartoncino della dimensione di una cartolina. Erano molto combattivi, e c’erano molt* anzian*, da un po’ di tempo mi sorprendo a controllare i miei e le mie coetanei/e, ma anche molt* ragazz*.
Chiudeva la fila, proprio davanti ai cellulari della polizia, un signore che portava una bici con una mano e sventolava il cartellino rosso con l’altra, noi eravamo sul bordo del marciapiede a vedere sfilare il corteo, a causa di un incrocio di sguardi si è avvicinato a noi uscendo dal corteo, per spiegargli chi eravamo ho sfoderato un “I’m italianische”, credendo in realtà di parlare inglese, ci siamo compiaciuti a vicenda, il signore ha ripetuto più volte: It is politics, It is politics e dopo ampi sorrisi ha ripreso il suo posto in corteo.
Quando è avvenuto questo episodio mi ero appena commossa davanti alla Pietà di Kate Kollwitz, posta nella New Wache, alla fine di Unter del Linden.
Mi era già piaciuta tanto otto anni fa, ma rivedendola ho apprezzato maggiormente la sobrietà del luogo, una stanza grande e completamente vuota, con un’apertura orale dalla quale piove la luce su questa madre che tiene tiene in grembo il figlio morto. Credo che sia una delle Pietà più belle mai scolpite, dopo quella di Michelangelo, per la potenza della rappresentazione.
La scultura è posta a ricordo di tutte le vittime delle guerre e delle dittature. Questa grande artista, disegnatrice, scultrice, incisora ha anche perso il primo figlio nella prima guerra mondiale. Quello che mi colpisce è come un soggetto di natura religiosa, nel nostro immaginario, riesca a interpretare in modo laico, e quindi universale, questa atrocità della guerra e della dittatura.
Di fronte alla stanza spoglia e alla Pietà di Kollwitz ho provato l’emozione di fronte alla stanza vuota, del silenzio, del Museo Ebraico di Berlino di Libeskind..
Da domani immersione nell’isola dei Musei, anche se li conosco tutti, non posso rinunciare a rivederli.
Un’osservazione: gli spazi delle strade, delle piazze qui sono enormi, così si vede un monumento che sembra a portata di mano, e si pensa di fare una piccola devoiazione per andare, chilometri!!!
Ci caschiamo spesso!
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Che belli i tuoi commenti Adriana, mi fai già venire la nostalgia!!!
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