domenica 23 giugno 2013

Berlino 11

All’uscita dalla stazione di Hackescher Markt vedo un omino che parla al cellulare in modo moderatamente concitato, va su è giù per l’ampio marciapiede, mi colpisce il vestito grigio, la giacca con i due spacchetti laterali, un abbigliamento che qui non ho ancora visto. Penso sembra un italiano, lo sorpasso e le sue parole me lo confermano.

Nel nostro blog comune Paolo e io ci firmiamo il poeta e la femminista, ma da quando siamo qui si è verificata l’inversione dei ruoli, spesso il poeta sembro io e la femminista lui, il bello del tempo sospeso, quello della vacanza e del viaggio.

L’immersione di tre giorni full time nelle radici culturali del nostro mondo mi ha scombussolato piacevolmente; come insegnante di storia ho sempre sofferto l’appiattimento sul presente, fisiologico per la crescita di adolescenti, che non devono essere schiacciat* dal peso dei loro predecessori, impegnat* come sono alla ricerca della propria soggettività, ma esagerato dalla cultura del consumismo alimentata negli ultimi decenni in Italia da istituzioni politiche e economiche.

Sia i miti evocati dai monumenti, che la serie di oggetti ci consumo, che i tratti dei visi mi hanno riconfermato il fatto che siamo sempre gli “homo sapiens sapiens”, siamo sempre noi, oggi come allora, certo con costumi e modi di produzione modernizzati.

Oggi riposo.

Pranzo domenicale a casa, e passeggiata pomeridiana.

Abbiamo preso due porzioni di doner teller in un chiosco alla stazione metropolitana di R. Wagner, qui dietro casa.

Noi siamo mangioni, ma lo stesso le porzioni le abbiamo finite a fatica: buonissima la carne, forse pollo, l’insalata di crudità e le verdure al forno (zucchine, melanzane, patae e carote), una bastava senz’altro per due.

Ho scoperto che il piato è stato importato da un turco qui a Berlino, che ha cominciato a fare i panini per gli operai turchi che non avevano tempo di mangiare.

Purtroppo non ci è stata risparmiata la battuta, detta con sorriso, tra il tedesco e il turco, di “mafiosi” (!!).

Non mi era ancora capitato qui, e neppure in Portogallo, però mi era capitato in Grecia e a New Haven (Connecticut.

(Ahimé)

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